Caso Genovese: affari con i video dello stupro, due tecnici consulenti indagati

Con le immagini girate all’interno dell’appartamento degli orrori di Genovese cercano di speculare e di vendere le sequenze delle torture per le esclusive tv

Alberto Genovese

Alberto Genovese

Milano -  Nella storia tragica di Alberto Genovese e delle sue vittime c’è anche chi ha provato a speculare sulle immagini dello stupro. C’è chi ha provato a vendere le immagini riprese dalle telecamere in camera da letto, quelle che hanno dato il via all’indagine e hanno confermato torture talmente crudeli che sarebbe stato impossibile solo raccontarle pensando di essere credute. In quelle sequenze si vede l’ex bocconiano strafatto di cocaina che violenta a più riprese per venti ore una giovane legata mani, piedi e collo alla spalliera del letto. Due collaboratori di una società che ha effettuato una consulenza sui filmati delle telecamere a circuito chiuso dell’attico "Terrazza Sentimento" per conto della difesa dell’imprenditore del web Alberto Genovese, sono stati indagati. I due tecnici, denunciati dagli stessi difensori dell’ex mago delle start up, avrebbero tentato di vendere a diverse trasmissioni televisive i video dell’appartamento in cui si è cosumato l’orrore, chiedendo in un caso 30mila euro, per alcune sequenze, ad una programma tv, che poi ha rifiutato e denunciato.

Il fascicolo sulla tentata vendita delle immagini è stato aperto nei giorni scorsi dall’aggiunto Letizia Mannella e dal pm Rosaria Stagnaro, già titolari dell’inchiesta sugli abusi contestati all’imprenditore. Indagine che ora cerca di chiarire con precisione la condotta dei due tecnici che hanno acquisito i filmati delle telecamere interne dell’attico, specificamente quelli delle violenze sulla 18enne tra il 10 e l’11 ottobre scorso. Loro avrebbero dovuto "spacchettare" le sequenze per conto della difesa, invece, una volta in possesso delle immagini e ultimato il lavoro, hanno tentato ingenuamente di venderle.

Reati che si aggiungono a un contesto umano disarmante e a reati ancora più gravi. Intanto la Procura prosegue l’inchiesta che nei mesi si è sviluppata su più fronti, compreso quello economico, per cercare di capire quale fosse realmente la situazione patrimoniale di Genovese. E continua la ricerca di ulteriori elementi su sei presunti casi di abusi ai danni di altre giovani, alcuni casi non sono stati ritenuti provati dal gip Tommaso Perna nella seconda ordinanza a carico dell’imprenditore. Su questi episodi gli inquirenti non dovrebbero fare ricorso al Riesame per insistere con la richiesta d’arresto, ma porteranno avanti approfondimenti investigativi. Indagini sono in corso anche sul fronte del giro delle droghe presenti ai festini di Genovese, anche perché lo stesso ex imprenditore nell’ultimo interrogatorio ha fatto i nomi di tali "Sam" e "Leo" che erano, come ha messo a verbale, i suoi "rifornitori".

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