Alberto Genovese condannato a 8 anni e 4 mesi per violenza sessuale

Una delle due vittime in sede civile ha chiesto un risarcimento di quasi due milioni di euro

Milano, 19 settembre 2022 - Otto anni e 4 mesi ad Alberto Genovese, è la condanna  al termine del processo con rito abbreviato (e a porte chiuse) per l’imprenditore del web accusato di  due casi di violenza sessuale, tra Milano e Ibiza nel 2020, su una 18enne e una modella di 23 anni, entrambe stordite con mix di cocaina e ketamina. Condannata a due anni e cinque mesi Sarah Borruso, fidanzata di Genovese ai tempi del reato.

Alberto Genovese è arrivato stamattina al settimo piano di Palazzo di Giustizia alle 8.30, un'ora prima dell'inizio dell'udienza. Camicia azzurra, maglioncino beige, è arrivato in compagnia della sorella.  

É  stato un giorno importante per definire giuridicamente il futuro di Alberto Genovese, 43 anni, (verserà una provvisionale di 50mila euro alla vittima 18enne. L'avvocato della ragazza ha chiesto un risarcimento in sede civile di un milione 968mila euro)  un passato luminoso da milionario genio delle start-up e un presente da milionario recluso nella comunità terapeutica «La Perla»,  in cui sta cercando di disintossicarsi dalla cocaina. «Era abituato a prendersi tutto». Un quadro di «devastazione e degrado umano», quello descritto dai i pm nella loro requisitoria che si era chiusa con la richiesta di otto anni di reclusione.

Il pm Rosaria Stagnaro ha ricostruito i due casi richiamandosi, per l’episodio dell’ottobre 2020 nell’attico di lusso l’ormai famigerata «Terrazza Sentimento»  - a due passi dal Duomo - alle immagini delle telecamere a circuito chiuso della stanza da letto che dimostrano come la ragazza fosse completamente incosciente. Uno stato creato dalle droghe che Genovese le aveva dato quella sera per poi abusare di lei per quasi venti ore. La violenza sulla 23enne, invece, è accertata, per l’accusa, da testimonianze di ospiti di Villa Lolita, a Ibiza, e dalla denuncia della giovane. Il tema della mancanza di consenso al rapporto sessuale, in seguito allo stato di incoscienza delle giovani, è stato centrale nel processo. La difesa, invece, sulla base di consulenze prodotte e della testimonianza di una psicologa ha  puntato  a dimostrare che l’ex imprenditore non era in sé per l’abuso di cocaina e non poteva rendersi conto, in particolare nel caso della 18enne, che lei gli aveva chiesto di fermarsi. Non c’era coscienza.

I consulenti e i legali della vittima, la 18enne legata e violentata per venti ore sotto l’effetto di benzodiazepine, hanno parlato a lungo, di danni fisici e psicologici permanenti, a seguito di una violenza «disumana» che le avrebbe procurato una invalidità accertata del 40% e le impedirebbe ormai di lavorare nel mondo della moda. La giovane, difesa dall’avvocato Luigi Liguori, stando alle parole del suo legale, sarebbe caduta, dopo la violenza, in un forte stato depressivo che le impedirebbe di tornare a una vita normale. Sarebbe stata, inoltre, completamente compromessa la sua avviata carriera da modella.

Rimettiamo in fila le sequenze della notte dell’orrore. É sabato sera, il 9 ottobre, Genovese organizza una festa in terrazza, terrazza Sentimento, così la conoscono gli ospiti. Arrivano alla festa anche le aspiranti modelle o meglio le hostess che lavorano per una agenzia di cui lui ha una buona quota di capitale. Bella gente, gente che conta, il mondo della finanza, la prima barriera per entrare è un bodyguard che raccoglie i cellulari. Nessuno può telefonare o scattare foto. Cocaina rosa da 700 euro al grammo e fiumi di champagne. E non si sa ancora  se ci fosse più champagne o cocaina. Tutti tirano, la coca è sui vassoi neri. Anche le ragazze belle della festa sniffano. Qualcuno del palazzo, quando si fa tardi, chiama la polizia e non è la prima volta che succede, perché quelle feste in terrazzo dai vicini di casa e dai condomini sono giudicate «piuttosto moleste».  Gli agenti arrivano, ma la festa è già finita, nessuno schiamazzo, luci spente. Nessuno in casa, solo il maggiordomo che apre la porta, ma tutti se ne sono già andati e così faranno anche gli agenti. È alle 21 del giorno dopo che la giovane riesce a fuggire scalza e nuda dall’attico, manda un messaggio di sos ad un amico e chiama i soccorsi.  Una Volante della polizia  troverà la 19enne in stato di choc e avvolta in un lenzuolo insanguinato, a pochi passi dal Duomo.   

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