
di Francesca Grillo
Un maestoso esempio di architettura industriale degli inizi del Novecento. La fabbrica Pozzi Ginori è stata per decenni punta di diamante della produzione corsichese. Lì dove ora è rimasto un gigantesco rudere, si realizzavano porcellane e ceramiche che venivano poi esportate in tutto il mondo. Uno stile architettonico unico nel panorama milanese di inzio secolo: l’imponente fabbrica che si affaccia sul Naviglio mescolava il liberty, con vetrate sottili e leggeri pilastri, con il modello "industrial", cemento e metallo a vista.
Quello che un tempo veniva chiamato il "quadrelin", in milanese, perché si fabbricavano mattoni prima della produzione di ceramiche, sarà ora trasformato in un polo culturale all’avanguardia, cercando di conservare il valore storico e architettonico dell’immobile. Il Comune ha infatti vinto un finanziamento di 3 milioni 200mila euro messi a disposizione dal ministero per il Programma nazionale per la qualità dell’abitare. La Pozzi Ginori ha una storia brillante fino agli anni Settanta, quando la produzione viene spostata vicino a San Cristoforo, pochi chilometri più avanti verso Milano. Inizia il periodo nero della fabbrica: ormai abbandonata, diventa luogo di ricovero per disperati e punto di ritrovo per vandali. Dentro rimangono ancora i resti dei giacigli, le tracce degli incivili e il degrado che ha lentamente avvolto la storica fabbrica.
Da fuori, si possono ammirare le forme architettoniche rigorose e la meravigliosa forma a 80 facce che in geometria si chiama tetraicosaedro. Solo due esemplari al mondo per l’alta torre che un tempo serviva da cisterna d’acqua per le lavorazioni della fabbrica. Di questa "palla" ne esistono solo due esemplari al mondo: una in Piemonte e l’altra a Corsico, proprio di fianco la gloriosa Pozzi-Ginori.
L’associazione Noi di Corsico ha realizzato negli anni un repertorio fotografico e organizza anche mostre per raccontarne la storia.