
Vivian Lamarque
Vado a trovare Vivian Lamarque, figura tra le maggiori della nostra poesia, vincitrice, tra l’altro, anche della prima edizione del premio Strega/poesia con “L’amore da vecchia“ (Mondadori). Milanese, ha anche scritto “La gentilèssa“ (2009) nel dialetto della nostra città. Ci troviamo in viale Serra, di fronte a Mediaworld, poi deviamo in viale Certosa, e le chiedo subito di raccontarmi le sue impressioni sulla zona: "Dopo vent’anni nel bel verde silenzioso QT8, avevo sentito il bisogno di ‘città’, mi ero spostata verso piazza Firenze, dalle finestre vedevo la Caserma Montello, il Tennis Club Bonacossa. Ma quello che davvero cercavo l’ho poi trovato nello stesso quartiere a pochi metri da lì: dalle finestre ora vedo ben otto corsie d’auto… Lo so, pare strano, ma questo viavai infernale è il mio paradiso, mi fa compagnia". Parole, queste ultime, che dice con un sorriso gentile dei suoi, ma a quel punto le chiedo le sue impressioni sulla gente del Quartiere Certosa: "Possiamo incrociare, camminando, i numerosi stranieri che qui abitano, e per la stessa ragione prendere la filovia 90, che invece molti milanesi evitano...". Non mi sembra che questi dintorni siano molto rallegrati da giardini e piante: "Quando il verde mi manca, in cinque minuti sono al bel Parco Portello (ex Alfa Romeo), che ha persino una collinetta e un laghetto". L’atmosfera è comunque varia e per una persona dall’acuta sensibilità sempre aperta come Vivian si affacciano realtà di vario genere: "C’è, vero miracolo, persino un Centro Commerciale ‘umano’. Mi sono cari, poi, il viscontiano Ponte della Ghisolfa, e la storica Scuola Rinnovata Pizzigoni. In piazzale Accursio c’era il Poligono del Tiro a segno, che diventerà Consolato Usa". Ma non tutto sarà poi incantevole… E infatti risponde: "Cosa mi manca? Aria buona, naturalmente, e in dicembre le luminarie. Chi ne ha troppe e chi niente. Invidio lo spettacolo di corso Buenos Aires…". Ma quella, appunto, è una realtà molto diversa.