
di Carlo D’Elia
"Una personalità negativa, malvagia e senza scrupoli". Queste, secondo i giudici del Tribunale di Lodi le caratteristiche del 50enne di Codogno condannato il 6 ottobre scorso a 19 anni per aver abusato nel suo appartamento di tre ragazzine, tra gli 11 e i 13 anni. La vicenda risale al periodo tra il 2015 e il 2018. Secondo l’accusa, le indagini erano state svolte dal procuratore aggiunto di Milano Letizia Mannella e del pm Alessia Menegazzo (nella foto), l’imputato, come strumento di costrizione, avrebbe utilizzato due falsi profili social di ragazze coetanee alle vittime usando Instagram e Whatsapp, e inscenato il suicidio di una di queste ragazzine inesistenti, "la cattivissima Giulia", inviando a una delle vittime la foto di una bambina con le braccia fasciate, facendo credere che ciò era avvenuto perché le richieste di "pratiche magiche", in realtà violenze sessuali, non erano state del tutto esaudite.
Inaccettabile secondo i togati la versione difensiva, che si era basata su due punti: i problemi psicologici dell’uomo (con patologie come l’agorafobia e la claustrofobia) e il tentativo di dimostrare che le ragazzine fossero consenzienti. Lo si legge nelle motivazioni che illustrano la condanna, la più alta in Italia per questo tipo di reati. "Oltre a non essere emerso che i fatti siano stati commessi in presenza di qualche causa di giustificazione o non punibilità - spiegano i magistrati - e quindi ritenendo "insussistenti le patologie psichiche" dell’imputato, non sono emersi in dibattimento elementi che possano portare alla concessione delle attenuanti generiche: in particolare "non è stato mostrato segno alcuno di resipiscenza e la collaborazione processuale non è giunta nemmeno all’ammissione delle condotte documentalmente provate".
Anzi, aggiungono i giudici, "c’è stato un continuo riversare le responsabilità in capo alle minori, dipinte come depravate e provocatrici". Il disegno criminoso del 50enne, per i giudici, è stato in sostanza portato avanti "con malvagia astuzia". Alle sue giovani vittime incuteva "terrore" per soggiogare la loro "volontà". Ad avviare le indagini era stata proprio una foto "in posizione erotizzante" di una delle ragazzine che l’uomo aveva pubblicato su Instagram.