REDAZIONE MILANO

La pappa e i pannolini non son più cose da mamma: il giudice dà ragione al papà

La bimba è piccola, ma lui può tenerla con sé di Mario Consani

Un padre (Ansa)

Milano, 7 febbraio 2015 - E chi l'ha detto che così piccola non può stare sola con papà? Cambiare i pannolini non è solo un gioco da mamme... Cristina (il nome è di fantasia) è una bimba che ha appena due anni. I suoi genitori si stanno separando e lei passerà la maggior parte della vita con la madre, com’è normale a quell’età. Ma il padre non solo potrà andare spesso da lei: avrà anche diritto di tenerla con sé per tutto il week-end, a settimane alterne, anche se l’ex partner avrebbe preferito di no, ritenendo lui non abbastanza preparato per una figlia tanto piccola. «Non è adeguato», ha provato a opporsi la donna. Ma il giudice è stato chiaro: «La genitorialità si apprende facendo i genitori». E dunque, «solo esercitando il ruolo genitoriale una figura matura e affina le proprie competenze genitoriali». Tutti e due quarantenni, lui e lei sono stati una coppia di fatto probabilmente felice, che nel 2012 ha messo al mondo una bimba. Da qualche mese, però, hanno preso la decisione di separarsi e non si sono lasciati benissimo. Così, davanti al giudice civile chiamato a impartire le prime disposizioni (ovviamente a tutela della piccola) i due non hanno trovato un accordo né sull’assegno di mantenimento né su un percorso di mediazione familiare che di fatto non hanno mai imboccato.

Così, per il momento, in attesa che una consulenza tecnica approfondisca la situazione psicofisica di Cristina e le rispettive capacità di padre e madre a rapportarsi con lei, la nona sezione civile del tribunale - presidente Dell’Arciprete, relatore Buffone - ha fissato le prime regole, provvisorie ma già esecutive. Affidamento condiviso, in primo luogo. Ovvero mamma e papà troveranno insieme la soluzione per ogni aspetto della vita quotidiana di Cristina, che resterà fisicamente con la donna in modo prevalente. Ma per il resto, l’affido a entrambi vuol dire «consentire ai figli di trascorrere con il genitore non collocatario dei tempi adeguati». E dunque: «Il padre potrà tenere con sé la figlia a fine settimana alternati, con prelievo della minore il sabato alle ore 10 e riaccompagnamento a casa la domenica successiva alle ore 19». Stesso trattamento paritario anche per le vacanze di Natale e per quelle di Pasqua.

«Il fatto che, al cospetto di una bimba di due anni un padre non sarebbe in grado di occuparsene, è una conclusione fondata su un pregiudizio che confina alla diversità (e alla mancanza di uguaglianza) il rapporto che sussiste tra i genitori», conclude il Collegio. E poco importa che la mamma di Cristina la pensi in modo diverso. «Per adottare limitazioni al diritto e dovere dei genitori di intrattenere con i figli un rapporto continuativo, è necessario dimostrare che da ciò può derivare pregiudizio al minore», osserva il tribunale. E «il preminente interesse del minore, infatti, cui deve essere conformato il provvedimento del giudice, può considerarsi composto essenzialmente da due elementi: mantenere i legami con la famiglia e potersi sviluppare in un luogo sano». Se non c’è prova che quei due presupposti siano impossibili, il tribunale deve trattatre i due genitori alla pari. «Nel caso di specie - concludono i giudici - non si rintracciano, invero, elementi sufficienti per una restrizione del diritto di visita del padre».