Archeologa e donna di cultura: "Mia madre mi ha trasmesso l’amore per l’antico, lo studio e la ricerca". Così Piero Masolo, missionario del Pime, ricorda la mamma Piera Saronio, primogenita dell’industriale Piero Saronio, fondatore dell’omonima ditta chimica rimasta in funzione a Melegnano dagli anni Venti al 1966. La donna si è spenta venerdì, all’età di 83 anni, in seguito a un’infezione da Covid. Da tempo viveva a Carate Urio, nel Comasco. Qui la famiglia Saronio possedeva una casa di villeggiatura, dove sfollò durante la guerra, quando a Milano si susseguivano i bombardamenti. E qui Piera volle tornare dopo la morte del marito, il notaio Ernesto Masolo. "Del lago le piacevano i colori e quelle atmosfere che cambiano ogni giorno", ricorda il figlio, rientrato dalla Birmania per dare l’ultimo saluto alla mamma: sarà lui a celebrarne le esequie, domani alle 11 nella chiesa di Santa Marta a Carate Urio. Dopo i funerali, la salma verrà sepolta nella cappella di famiglia, al cimitero Monumentale di Milano.
Classe 1940, fervente cattolica, "mia madre era una sportiva convinta. Dalla barca a vela al trekking, erano svariate le attività che praticava. Anche in questo si rifletteva il suo amore per il creato e la natura – ancora il figlio –. Indagare, scandagliare: queste le passioni che mi ha trasmesso". Proprio ricerca e ricostruzione sono alla base del libro di Piero Masolo “Ricreare radici“. L’autore vi ripercorre la storia della sua famiglia, con particolare attenzione alla vicenda dello zio Carlo, fratello minore di Piera e della secondogenita, oggi 81enne, Maria. Carlo morì nel 1975, a soli 26 anni, in seguito a un sequestro a scopo di estorsione da parte del gruppo terrorista Fronte armato rivoluzionario operaio. I rapitori lo stordirono col cloroformio, ma la dose somministrata risultò eccessiva e il giovane morì. La famiglia ignara pagò parte del riscatto. Il corpo del giovane fu ritrovato solo nel 1979. Il dramma segnò profondamente la famiglia.
La notizia della scomparsa di Piera Saronio si è diffusa anche nel Sud Milano. Qui aveva sede la fabbrica che nel quartier generale di Melegnano produceva solventi, mentre a Cerro al Lambro confezionava armi chimiche per gli eserciti di Mussolini. Tra gli operai ed ex operai della ditta si registrarono numerosi casi di carcinoma alla vescica.