STEFANIA CONSENTI
Cronaca

Addio a Nedo Fiano, testimone della Shoah

95 anni, è morto nella casa di riposo dove viveva da qualche tempo con la moglie amatissima Rirì

di Stefania Consenti

Addio a Nedo Fiano, uno degli ultimi infaticabili testimoni della Shoah. Della testimonianza, infatti, aveva fatto la sua ragione di vita e, come Liliana Segre e Goti Bauer, tutti e tre legatissimi, cercava di non mancare mai a nessun appuntamento con i ragazzi e con la Storia. Aveva un’agendina di pelle nera sulla quale annotava ogni richiesta che giungeva dalle scuole di ogni parte d’Italia e anche dalla Svizzera. Consulente per Roberto Benigni, nella realizzazione del film “La vita è bella", nutriva dei dubbi sul futuro della memoria della Shoah: "Quando non ci saremo più c’è chi se ne approfitterà", ripeteva. E’ morto ieri, nella casa di riposo dove era ricoverato da qualche anno insieme alla amatissima moglie Rina Lattes, la sua "Rirì" dalla quale non voleva staccarsi mai e che aveva sposato nel 1949 (avendo poi tre figli, Enzo, Emanuele deputato del Pd e Andrea), riuscendo così ad alleviare le ferite della sua esperienza ad Auschwitz dove aveva perso tutta la sua famiglia. E da dove venne liberato l’11 aprile 1945, alle ore 15,15, con quell’indelebile numero tatuato sul braccio “A 5405“ che diventerà, dopo anni di trasmissione orale, anche il titolo del suo bellissimo libro, sottotitolo “Il coraggio di vivere“. Aveva scelto di raccontare così la sua esperienza, come amava fare, senza giri di parole, forse aspro,ma con la voglia di trasmettere ai giovani un messaggio positivo, ossia la voglia e il coraggio di vivere. Nonostante Auschwitz. Più volte ci era anche tornato, "misurandomi - raccontava con la durezza dei miei ricordi". "Là dove ho sofferto e vissuto si riproducono puntualmente, con un crescendo che ormai conosco le sensazioni di abbandono, di vuoto e di scoramento. (...) E’ come uno svenimento dopo il quale riprendo il contatto con la realtà. (...)Allora sono felice, perché libero".

Era nato a Firenze nel 1925, città che ha amato molto e dove fu arrestato il 6 febbraio 1944, all’età di 18 anni: i fascisti lo fermarono mentre passeggiava in via Cavour a Firenze e lo rinchiusero nel carcere della città. Successivamente venne trasferito nel campo di concentramento di Fossoli insieme con altri undici membri della sua famiglia.

Il 16 maggio 1944 fu deportato, insieme con tutti i suoi familiari, nel campo di sterminio di Auschwitz Birkenau. Il ritorno alla vita fu duro, da "orfano". Laureato in Bocconi, nella "sua" Milano Fiano ha ricevuto grandi soddisfazioni professionali come dirigente d’azienda.

Il presidente della Comunità Milo Hasbani, il Rabbino Capo Rav Alfonso Arbib, tutto il Consiglio e la comunità intera lo ricordano con grandissimo affetto e rimpianto per la sua opera di testimonianza della deportazione ad Auschwitz. "Abbiamo perso un pezzo della nostra memoria - ha detto Milo Hasbani - i ragazzi lo ascoltavano con religioso silenzio". "Ha saputo raccontare la tragedia dell’Olocausto, resterà sempre un grande insegnamento per noi", ha sottolineato il sindaco Beppe Sala. "Ci rimarranno per sempre le sue parole e il suo insegnamento, il suo ottimismo e la sua voglia di vivere. Non avrò mai io la forza che ebbe lui e che lo fece risalire dall’abisso, ma da lui ho imparato che per le battaglie di vita e contro ogni odio bisogna combattere sempre",l’ha ricordato, commosso, il figlio Lele.