
A fuoco due auto della polizia locale Lo scontro tra pusher dello Stadera e la finta rivendicazione anarchica
Il giorno dopo, l’assalto incendiario fu rivendicato dagli anarchici, in solidarietà con Alfredo Cospito. Erano i giorni della mobilitazione per l’ideologo del Fai-Fri, che proprio in quelle ore stava per essere trasferito dal carcere di Sassari a quello di Opera. A più di cinque mesi dal raid contro due auto della polizia locale parcheggiate dietro la sede del Municipio 5 di viale Tibaldi, andato in scena nella notte del 30 gennaio, le indagini della Digos e della squadra di polizia giudiziaria di piazza Beccaria disegnano uno scenario ben diverso, come anticipato dal Giorno a fine aprile: l’episodio va inserito in uno scontro tra bande rivali nel quartiere Stadera, anche se gli autori materiali non sono stati ancora individuati con certezza.
In ogni caso, a valle degli accertamenti dell’Antiterrorismo di via Fatebenefratelli, coordinati dal pm Leonardo Lesti, due egiziani di 19 e 21 anni, appartenenti a una delle fazioni in lotta, sono finiti in cella con le accuse di fabbricazione e porto in luogo pubblico di armi da guerra in concorso. Grazie ai rilievi degli specialisti della Scientifica su alcune bottiglie incendiarie ritrovate quella notte stessa da un operatore Amsa in un parchetto di via Montegani, è stato possibile accertare che qualche ora prima un gruppo di ragazzi stranieri, frequentatori abituali del quartiere Stadera, aveva realizzato in un cortile condominiale una decina di molotov compatibili con quelle usate in viale Tibaldi. Gli ulteriori accertamenti hanno poi hanno consentito di identificare tutti i componenti della banda – composto in maggioranza da giovani di origine nordafricana, alcuni dei quali minorenni e senza fissa dimora – e di appurare che la fabbricazione delle molotov era finalizzata a difendersi da un eventuale attacco da parte della gang rivale – formata da marocchini – per motivi legati alla gestione delle piazze di spaccio della zona. Proprio i giovani marocchini, la sera precedente, avevano pestato uno degli arrestati e un suo connazionale: la spedizione punitiva era stata ripresa in diretta, con video postato sui social. Dall’analisi dello smartphone sequestrato a uno dei due egiziani, in occasione della perquisizione cui è stato sottoposto all’inizio dell’indagine, sono emersi diversi filmati che lo ritraggono, insieme ad altri, mentre impugna una pistola ed esplode un colpo in aria o mentre versa liquido infiammabile su una bici o effettua "una vera e propria prova a fuoco di una delle molotov fabbricate dal gruppo".
Proprio questi aspetti – uniti alla "contiguità" degli indagati "con ambienti criminali di spessore legati allo spaccio di stupefacenti, con scenari da guerriglia urbana da attuarsi con congegni micidiali quali bottiglie molotov, catene e machete" – hanno indotto il giudice Fiammetta Modica a emettere un’ordinanza di custodia cautelare in carcere sia per il diciannovenne che per il ventunenne.
Nicola Palma