Valentina Bertuccio D’Angelo
Milano

Con l’intelligenza artificiale sognare non si può

A Milano il settore del doppiaggio è in crisi nera, tra studi che chiudono e algoritmi che ricreano voci umane

Chi tra i nostri lettori è nato tra gli anni '70 e '80 provi (dopo aver fatto pace con la propria età) a fare questo esperimento: chiuda gli occhi e ripensi ai pomeriggi spensierati davanti alla tv dopo la scuola, con la merenda in mano a guardare i cartoni animati. Quelli mitici, di cui ricordiamo ancora le sigle parola per parola. E sempre a occhi chiusi ripassi mentalmente i protagonisti: Pollon, Lady Oscar, Lupin, Mila, Licia... Piano piano, dalle nebbie della memoria, riemergeranno anche le loro voci, inconfondibili, amiche.

Allora non potevamo saperlo - anzi, ci saremmo persi gran parte della magia - ma le voci erano quelle di bravissimi doppiatori che rendevano unici i personaggi della nostra infanzia. D'altra parte l'Italia è da sempre uno dei Paesi dove si doppia praticamente tutto e molto, molto bene. Almeno finora. Perché da qualche tempo il settore, specie a Milano, sta vivendo una profonda crisi: gli storici studi stanno chiudendo, le produzioni si spostano a Roma. Le condizioni di lavoro peggiorano, il precariato si fa sempre più spinto e incombe la concorrenza dell'intelligenza artificiale che replica la voce umana. È il futuro.

Sarà, ma io non ci sto. I cartoni animati, i film, le serie tv, perfino le soap opera servono tutte per andare oltre la realtà. E allora lasciateci l'intelligenza umana, ché con quella artificiale sognare è più difficile.