L’aveva voluta il governo Draghi, ora se ne applica l’ultimo scaglione: si tratta della legge 234 del 2021 che adegua dopo 20 anni gli stipendi dei sindaci, da quelli delle grandi aree metropolitane ai primi cittadini dei comuni più piccoli. Mantova, capoluogo di provincia con meno di 50mila abitanti, si colloca a metà strada tra i due estremi.
Sindaco Mattia Palazzi, lei ha 48 anni ed è in carica da 8. In questo periodo sarebbe stato possibile conciliare il suo precedente lavoro con quello di primo cittadino?
"Fare il sindaco è una scelta, io l’ho fatta e mi ci sono dedicato a tempo pieno. Ma, vorrei sottolineare, il mio lavoro e quello dei miei colleghi, anche se richiede molto tempo, consiste soprattutto nel prendersi grandi, spesso enormi responsabilità. Rispondiamo tutti i giorni per gli atti che firmiamo e per quelli che non firmiamo".
Cosa pensa della legge voluta da Draghi?
"La considero una scelta sacrosanta. E sottolinea che Mario Draghi era l’unico forse nella possibilità di prenderla, vista la grande ipocrisia che circola nel mondo politico. La norma rispecchia le nostre responsabilità che sono cento volte superiori ad altri funzionari pubblici, sia sul piano amministrativo sia erariale, sia penale".
Questo giustifica gli aumenti di stipendio?
"Esattamente. In un Paese normale a maggiori responsabilità corrisponde una maggiore retribuzione. Fino ad oggi, però, noi sindaci siamo stati considerati l’ultima ruota del carro".
In che senso?
"Oltre che dal punto di vista retributivo (la legge Draghi in effetti parametra gli adeguamenti dei sindaci più importanti a quelli dei presidenti delle Regioni, per poi scalare a seconda della popolazione del Comune, ndr) anche da quello normativo. Per esempio non possiamo candidarci a cariche maggiori se non ci siamo dimessi sei mesi prima dalla nostra. Per altri amministratori pubblici questo non accade. E per noi c’è anche il limite di mandato, un caso più unico che raro in Europa".
Lei è d’accordo per abolirlo, come chiede qualcuno?
"A me pare una norma assurda. I sindaci sono gli unici a essere effettivamente scelti dagli elettori. Sono loro che ti mandano a casa. Invece per noi vale il limite dei due mandati che non hanno né parlamentari, né consiglieri regionali. Penso che almeno un allargamento della norma a più mandati possa servire. Almeno in questo sono d’accordo con Salvini".
Quindi, in termini generali, lei sarebbe per cancellare il vincolo. E nel suo caso specifico, farebbe ancora il sindaco?
"Se mi si chiede direttamente se accetterei un terzo mandato sarei costretto ovviamente a dire che, finché ci sono le leggi che lo impediscono, la questione non si pone. Se dovessi però dire che ho ancora energia e idee per questa città, risponderei che le ho".
Tornando alla nuova normativa, le sembra corretta la misura degli adeguamenti? Lei passerà da 6.400 euro a quasi 10mila al mese, lordi ovviamente.
"E per 12 mesi, senza tredicesime. Aggiungo. Io ritengo sia stato più che giusto cercare di attirare all’impegno pubblico persone che si sono già realizzate professionalmente e accettano per spirito civico di guidare la propria città. Personalmente io scado nel 2025 quindi sono tra gli sfortunati che usufruiranno solo nell’ultima parte del mandato delle nuove retribuzioni. E mi pago ogni mese mille euro di assicurazione personale proprio per i rischi professionali legati alla mia carica. D’altra parte si può chiedere a una persona di sacrificare tempo e vita all’impegno amministrativo, ma non di fare il martire. Altrimenti il sindaco lo fa solo qualche scappato di casa con nulla da perdere. Su un altro piano, mi rendo conto che questo Paese deve affrontare il tema dei salari che è fondamentale. Ma, senza demagogia, è tutta un’altra questione".