Omicidio Yana Malayko, una vanga sull’auto di Dumitru Stratan. L’ombra di un complice

Il padre della ragazza nel team che sta perlustrando le campagne attorno a Castiglione: "Mia figlia non si lamentava mai con me". La madre dal Canada: "Nell’ultima telefonata era allegra"

Yana Malayko

Yana Malayko

Castiglione delle Stiviere (Mantova) - Una vanga nascosta. L’ombra di un complice. Il rancore di un uomo che, davanti al rifiuto della compagna di riprendere la loro storia, le rinfacciava di dovergli tutto. Il sospetto terribile che il corpo di Yana Malayko sia stato non soltanto abbandonato ma anche coperto con qualche strato di terra. Una piccola vanga è stata trovata nascosta sulla Mercedes Coupé di Dumitru Stratan, l’ex fidanzato moldavo della ragazza ucraina, in carcere per omicidio volontario aggravato e occultamento di cadavere. Una vanga "piccola", viene sottolineato. Un attrezzo certamente inadatto a uno scavo, ma utile per ricoprire il cadavere con qualche palata di terriccio e renderlo ancora più difficile da ritrovare nel dedalo di boschi, campi, torbiere, specchi d’acqua alla località Valle, poco fuori Castiglione delle Stiviere.

L’ipotesi di un complice. Dumitru era solo nella notte fra giovedì e venerdì della scorsa settimana e nelle prime ore della mattinata, quelle che hanno visto il suo andirivieni da Castiglione alla Valle, anche per recuperare l’auto impantanata? Oppure qualcuno l’ha aiutato? Per escludere definitivamente questa seconda ipotesi, i carabinieri la valutano con attenzione, controllano le immagini delle telecamere e gli agganci alle celle telefoniche, scandagliano la cerchia delle amicizie del 33enne moldavo. C’erano tracce di sangue sulla Mercedes, non sulla persona e sugli abiti di Dumitru. I carabinieri lo hanno rintracciato in casa della madre. Riposava su un divano. Era, lucido, presente. Si cerca di circostanziare il movente. Davanti al rifiuto di riallacciare il rapporto, Dumitru rimproverava alla compagna di essergli debitrice di ogni cosa: averla portata da Romano di Lombardia a Castiglione, averle dato una casa e trovato un lavoro nel bar della sorella Cristina.

Un uomo con una giubba militare, stivali di gomma ai piedi. In prima linea con le squadre impegnate nelle ricerche. Infaticabile. È Oleksandr Malayko, il padre di Yana. È arrivato da Porto Santo Stefano, in provincia di Grosseto, dove vive e lavora come uomo di fiducia di una famiglia importante. Vuole, rivuole sua figlia. Parla di lei sempre al presente anche dopo avere detto "Voglio un corpo da piangere". "Lei è la persona migliore fra tutte quelle che ho visto. E non lo dico da padre. Chi la conosce lo può dire. Poco fa ero al bar, si sono avvicinate delle persone per dirmi tante cose belle di lei. È un sole, è un’anima. Fino a quattro giorni fa, prima che sparisse, avevo un cuore. Adesso non l’ho più. È scomparso con mia figlia". Ha fretta. Vorrebbe riprendere a camminare, perlustrare, cercare. Trova la forza per aggiungere. "Il sogno di Yana è la famiglia, sono i bambini. Ancora tre settimane fa mi ha parlato della famiglia che vorrebbe. È quello che le ho insegnato io, i valori, le cose importanti. Per questo lei voleva chiudere la relazione. Quello pensava solo a bere, a divertirsi con gli amici, a fare casino. Non dava a Yana l’attenzione normale che un uomo dà alla sua donna. Lei gli ha lasciato un po’ di tempo per cambiare, ma non è cambiato. Così Yana è andata ad abitare dalla sorella di lui. Mi ha spiegato tutto. Avrebbe voluto prendere in affitto un appartamento, le ho spiegato che sarebbe stato meglio comprarlo. Lo aveva trovato nello stesso palazzo. Ho parlato con i proprietari e fatto i documenti. Le ho detto che la cosa era ok".

Il padre aveva colto nella figlia qualche segnale di preoccupazione, di timore dopo la rottura con Dima? "“Tu sei sicura che è tutto a posto, che lui non farà niente?“, le ho chiesto. Yana non si lamentava con me. È forte, indipendente. Se lui l’avesse colpita, si sarebbe difesa. Sono sicuro che è andata così. Ha reagito e lui l’ha uccisa. Non mi ha mai chiesto aiuto. Pensava di farcela da sola e forse voleva proteggere anche me". Due uomini lo guardano, in attesa. "I miei fratelli sono qui con me. Uno ha fatto cinquemila chilometri, è venuto dall’Australia, l’altro da Tenerife. Noi ucraini siamo così. Possiamo anche litigare, ma quando c’è bisogno siamo uniti".

Tatiana Serbenchuk, la madre di Yana, che vive e lavora a Woodbridge, in Canada, sta cercando di organizzarsi per raggiungere Castiglione delle Stiviere. Intanto ha reso pubblica una lettera. "Mi aggrappo alla piccola speranza di vedere mia figlia viva. Negli ultimi sei mesi mia figlia si è lamentata del suo compagno. Molto spesso abusava di alcol, scompariva in compagnia di amici fino al mattino e non voleva assolutamente cambiare". Nelle loro ultime conversazioni telefoniche, Yana aveva manifestato alla madre anche il sospetto che Dima facesse uso di droghe. "Yana mi ha anche raccontato che recentemente Dima si è arrabbiato in modo inappropriato con sua sorella e sua madre, le ha incolpate per i suoi fallimenti, ha smesso di ascoltarle. Non aveva un lavoro e andava al bar per lavorare, per un paio d’ore, soltanto quando finivano i soldi". Racconta dei litigi, della decisione di Yana di interrompere la relazione, degli ultimi dialoghi tra i due, dei suoi tentativi di farla sentire in colpa. "Ma nell’ultima videochiamata del 18 gennaio era molto allegra e mi ha parlato dei suoi piani, mi ha detto che era molto contenta di aver deciso di andarsene. Non temeva per la propria vita, voleva una famiglia e dei figli. Ora però mia figlia non c’è più e l’unica persona che sa dov’è, tace. Ridateci la nostra unica figlia".