E la bella Zeudi ballò per Pasolini "Salò", scene da un film maledetto

Tour mantovano sulle tracce dell’ultima pellicola girata dal regista. La partita di calcio e il gol di Ancelotti

di Mario Consani

E una sera in trattoria, la bellissima Zeudi Araya salì sui tavoli e ballò per Pier Paolo Pasolini. Primavera 1975 a Cavriana, nel Mantovano. Il regista sta girando Salò o le 120 giornate di Sodoma, il film “maledetto“ che sarebbe stato il suo ultimo, cupo racconto ispirato a un libro del marchese De Sade. Ma che c’entrava Araya, bellissima attrice etiope all’epoca tra le più celebri interpreti di film erotici?

Pasolini in quelle settimane gira scene di interni a Villa Mirra, dimora gentilizia del ’700, set blindatissimo dopo le polemiche e lo scandalo suscitato dai film precedenti. Però di sera la troupe, attori professionisti e non, cena in paese all’osteria La Capra. "Ricordo bene Pasolini in trattoria - dice Andreino Trivini Bellini, figlio del proprietario di allora - e ricordo ancora meglio l’ultimo giorno delle riprese, quando alla fine tolsero le tovaglie dai tavoli e si misero a ballarci sopra. Pasolini non saprei, ma vidi ballare Zeudi Araya, che non faceva parte del cast ma quella sera era lì insieme a Ninetto Davoli".

All’osteria La Capra, del resto, erano abituati alle stranezze del regista e del suo film. Tra le scene girate a Villa Mirra c’era anche quella terribile del “banchetto delle feci“, che toccò proprio all’osteria allestire. "Usammo polenta rendendola nera con nutella e marmellata scura, ma dovemmo rifarla dieci volte perché doveva essere sgradevole anche al gusto. Più che polenta era proprio un pastrocchio" ricorda Silvano Spazzini, ora custode della Villa ma all’epoca ragazzo che dava una mano all’amico Andreino in osteria. Curiosità da backstage.

Pasolini, che nel ’75 era forse il regista più famoso in Italia dopo il successo del suo Decameron boccaccesco, a Cavriana si concesse una mattina agli studenti della scuola media. "Alcuni ragazzi andavano intorno alla Villa per sbirciare le riprese e poi venivano a scuola a raccontare. Così chiedemmo alla produzione se Pasolini era disponibile per un incontro e una mattina venne, lo accogliemmo in palestra" ricorda come fosse oggi Enzo Scrosati, all’epoca vice preside.

"Rispose a tutte le domande degli studenti ma fu deciso nel tenere i più curiosi lontani dal set: "No - disse - non sono scene adatte a voi”". Memorie, ricordi di un film che anche in altre località del Mantovano ha lasciato tracce indelebili. Le ha ripercorse nei giorni scorsi il tour organizzato dal Festivaletteratura nei luoghi dimenticati del Salò, itinerario curato con passione dal drammaturgo e scrittore Luca Scarlini, che è riuscito a recuperare ad ogni tappa persone coinvolte a vario titolo nel film di quasi mezzo secolo fa.

Prima della partenza del giro in bus, a Mantova il racconto esilarante di un testimone d’eccezione come Pupi Avati, che collaborò alla sceneggiatura di Salò o le 120 giornate di Sodoma. "Lavoravamo anche con Sergio Citti – ricorda Avati – a casa di Pasolini all’Eur, che non era non certo l’attico di un regista famoso ma un appartamentino modesto. Stavamo in salotto attorno a un tavolo noi tre, era una sceneggiatura terribile... Ma in cucina lì accanto la mamma di Pier Paolo, Susanna, preparava da mangiare. E mentre noi buttavamo giù i dialoghi di quelle scene tremende a sfondo sessuale o per il banchetto delle feci, lei si affacciava sorridente: “Il sugo per la pasta ve lo preparo con le melanzane o senza?“".

Dopo Cavriana, il viaggio sulle tracce del set pasoliniano ha toccato la ex Villa Zani (ora Furnari) a Villimpenta , dove Pasolini e lo scenografo futuro premio Oscar Dante Ferretti ambientarono le azioni che nel film si svolgono nella “sala delle orge“. Piera Zani, nipote dell’allora proprietaria che affittò al regista, racconta di aver saputo che suo padre aveva trovato una comoda posizione nel sottotetto della villa, per sbirciare di nascosto le scene che si giravano nel salone principale vietato a occhi indiscreti. E se in un’ altra dimora gentilizia mantovana in località Pontemerlano, Villa Riesenfeldt, c’è ancora un salottino addobbato con carta da parati in stile surrealista, ultima traccia rimasta della scenografia di Ferretti, a Gonzaga ancora non si danno pace per le scene girate nella piazza del paese ma poi sparite dal montaggio finale del film. Così lo studioso Alessandro Malavasi ha scritto e pubblicato una tesi sulle due scene scomparse, riuscendo a ricostruirle grazie alle foto di scena di Deborah Kerr e agli scatti consentiti dal regista al fotoreporter locale Arrigo Davoli. Invece nelle immagini girate da Pasolini a Commessaggio, ultima tappa del tour curato da Festivaletteratura a cento anni dalla nascita del poeta e scrittore, si vede forse per l’ultima volta grazie al film il ponte di legno dell’epoca di Vespasiano Gonzaga, signore di Sabbioneta, che una sciagurata decisione dell’amministrazione locale avrebbe fatto demolire solo pochi mesi più tardi.

Le riprese di Salò o le 120 giornate di Sodoma erano quasi concluse, nel marzo del 1975, quando nel suo girovagare tra il Mantovano e l’Emilia, Pasolini appassionato calciatore organizzò una partita contro la troupe di un altro film che si stava girando più o meno negli stessi luoghi, Novecento di Bernardo Bertolucci. Il quale, furbescamente, per vincere spacciò per attrezzisti del suo set due ragazzini del posto che a pallone sapevano giocare davvero e condussero la squadra al successo per 5-2. Uno di loro segnò anche un gol alla troupe di Pasolini: era Carletto Ancelotti.