
Lodi – Dopo la segnalazione di Legambiente sul fatto che nella Pianura Padana un terzo delle polveri sottili sono di origine zootecnica, frutto di agricoltura e allevamenti intensivi, la rete di Agricolture sociali 3.0 sottolinea che esistono alternative, un modello di agricoltura diverso da quello che sarebbe all’origine dell’inquinamento da ammoniaca. Si tratta dell’idea promossa dai partner della rete di Agricoltura Sociale Lodigiana, che si riconoscono nel progetto agriculture sociali 3.0 promosso da Fondazione Comunitaria di Lodi in sinergia con l’Ufficio di Piano dell’Ambito di Lodi e sostenuto da Fondazione Cariplo, Intesa San Paolo e Fondazione Peppino Vismara con un contributo da 363mila euro allo scopo di mitigare gli effetti economici della pandemia.
Nel Lodigiano esistono aziende attente all’ambiente, ma l’Agricoltura Sociale fa un ulteriore passo avanti: quello di sostenere coltivazioni e allevamenti sostenibili sotto il profilo ambientale ma anche economico e sociale. La cooperativa sociale Il Gabbiano, partner della rete, lavora seguendo il metodo dell’agricoltura biodinamica, che punta a mantenere la terra fertile e in buona salute e a garantire alimenti qualitativamente superiori attraverso l’uso di prodotti naturali e la completa eliminazione di sostanze chimiche o tossiche.
Alla Cascina Fanzago, gestita dalla cooperativa sociale Il Mosaico, si utilizza invece il sovescio, pratica agronomica che consiste nella semina di una coltura erbacea con essenze in purezza e che vede come primario il ruolo delle colture anche in fase di concimazione e arricchimento del terreno. A Sanfereorto, dove lavora il Movimento Lotta Fame nel Mondo, la gestione è completamente naturale.