
La “terra dei fuochi“. Veleni nel sottosuolo. Le prove negli Iphone
Non sono solo sospetti. Ci sono le prove che Castiglione d’Adda è una sorta di terra dei fuochi del make up. Le ha fornite direttamente Nicola Mozzillo, l’imprenditore casertano di 41 anni, a capo della Elecos Technology, azienda che ha prodotto polveri a base di pericolosissimo diclorometano per conto della Intercos, multinazionale di prodotti di bellezza. Le prove erano nascoste nella memoria dei suoi iPhone 12 e iPhone 13 Pro Max, sequestrati dai militari della Guardia di finanza di Casalpusterlengo già a settembre 2022 durante un’altra indagine per reati fiscali, ma non solo. Gli investigatori hanno trovato una sorta di sua confessione puntuale, di cui sono rimasti stupiti anche loro: date, nomi, cognomi, circostanze, quantità... "Hanno rinvenuto, del tutto inaspettatamente, una mole di materiale informatico autoprodotto, costituente la descrizione puntuale e analitica di condotte di inquinamento ambientale", si legge negli atti dell’inchiesta coordinata dal sostituto procuratore Martina Parisi. Dentro gli smartphone sono state trovare pure le prove dei suoi ricatti a Dario Gianandrea Ferrari, 81 anni, milanese, presidente del Cda della Intercos. Non avrebbe agito da solo. Con lui anche Giuseppe Vitolazzo, foggiano di 54 anni, titolare di una serie di aziende del settore del trattamento delle sostanze tossiche che avrebbe dovuto smaltirle correttamente, ma che invece, almeno fino al 2014, ha seppellito e sversato nella rete idrica. I due avrebbero cercato di estorcere soldi al numero uno della Inercos in cambio del loro silenzio.
Gli inquirenti parlano di "prova diretta di più condotte di estorsione" e sostengono che i due complici "tra il 2019 e il 2022 hanno in più occasioni minacciato i vertici di Intercos di denunciare i reati ambientali commessi, così costringendoli a garantire loro ingenti somme di denaro". Sempre grazie alla "confessione" involontaria del proprietario della Elecos risulta che i due complici, tramite un intermediario, "hanno recapitato ai vertici della multinazionale, una fattura relativa alle illecite lavorazioni eseguite, fattura che non risulta mai trasmessa all’Agenzia delle Entrate". È proprio dalle indagini sui ricatti, che investigatori e inquirenti hanno scoperto che a Castiglione d’Adda sono stati intombate sostante tossiche che si utilizzavano per confezionare ciprie, smalti, fondotinta, mascara e altri prodotti dei più importanti marchi al mondo.