ANDREA
Cronaca

La città non muore se ci si accorge che è malata

Il fondatore della Banca Popolare di Lodi, Tiziano Zalli, promuoveva il credito come strumento per sconfiggere la miseria e favorire lo sviluppo sociale. La sua visione solidale e progressista continua a ispirare, come evidenziato da Alberto Cavaliere nel suo libro su Milano.

La città non muore se ci si accorge che è malata

Il fondatore della Banca Popolare di Lodi, Tiziano Zalli, promuoveva il credito come strumento per sconfiggere la miseria e favorire lo sviluppo sociale. La sua visione solidale e progressista continua a ispirare, come evidenziato da Alberto Cavaliere nel suo libro su Milano.

Maietti

Tiziano Zalli, fondatore della “Banca Popolare“ di Lodi (1864), scriveva sul “Corriere dell’Adda“ nel 1863 (Cfr. Ercole Ongaro: “Tiziano Zalli, una vita unicamente a vantaggio del Paese“, Sate, 1999): "Il credito, si dice, bisogna meritarlo: chi possiede nella sua fortuna la garanzia di restituire le somme tolte a prestito, l’ottiene: i poveri non lo meritano perché non potrebbero dare in ipoteca che il loro lavoro o il loro onore. Ma se voi venite in sussidio di un povero artigiano mediante un prestito fatto con discernimento, la miseria è sconfitta. La opportuna anticipazione assicurerà forse l’esistenza di un uomo, sarà forse la salute di una famiglia e qualche volta fino l’onore". Lo stesso Zalli nel discorso all’assemblea dei soci, all’atto della fondazione: "Io procurerò con tutte le mie forze di curarne lo sviluppo e l’incremento. La bella divisa della solidarietà, uno per tutti e tutti per ciascuno, sia scolpita nei nostri cuori. Noi sapremo conquistare una specie di primato morale, essere citati ad esempio a moltissime città italiane per lo spirito di progresso e per lo sviluppo delle più belle istituzioni sociali". Il busto di Tiziano Zalli, almeno quello, non è stato rimosso dalla sede della “Popolare“. Alberto Cavaliere, milanese d’importazione, come tanti che hanno fatto la milanesità: da Franco Loi a Enzo Jannacci. Cavaliere declamava dalla radio del ‘Gazzettino Padano’. Un suo libricino (1964) s’intitola: "Milan e poeu pu". Scrive Cavaliere: "Milano è morta a poco a poco, o forse no: malgrado le apparenze, si possono fare ancora conoscenze che ispirano fiducia a tutti noi: sono botteghe piccole e discrete, vecchi ostinati a usare il meneghino, gente superstite con il cuore in mano, ancora qui, ancora qui a Milano". Una città, si chiami Milano o Lodi, non muore, se in tempo ci si accorge ch’è malata. Sarà diversa, meno sorridente, ma tesa a reggere il tempo che ci tocca. E in riva all’Adda o là sopra i Navigli, un pensiero ci sproni: i nostri figli. Toh, parlando della “Popolare“ mi è tornata la rima in canna. È stato un tempo il mio mestiere (un tic di gioventù). Oggi la provvida malìa di pochi versi di Alberto Cavaliere.