PAOLA ARENSI
Cronaca

Premiata Ines, la 54enne di Borgetto Lodigiano salita sull’Everest

Borghetto, la 54enne: dedico l’impresa alla mia famiglia

La sindaca Giovanna Gargioni ha consegnato a Ines Zucchelli una targa ricordo

Borghetto Lodigiano (Lodi), 7 giugno 2019 - Ines Zucchelli, 54 anni, originaria del paese, che alle 4 precise del 23 maggio è diventata la quinta donna italiana, prima del Lodigiano, a salire sulla cima del monte Everest, è stata premiata dal Comune. Dopo essersi allenata fin da quando aveva 8 anni e poi da adulta, aver arrampicato ovunque, come in Patagonia, Nepal, Alaska, sul Monte bianco etc., ha superato sé stessa salendo sul tetto del mondo. Con i suoi 8.848 metri l’Everest è la vetta più alta del continente asiatico e della Terra. Si trova nella catena dell’Himalaya, al confine fra Cina e Nepal, è una delle Sette Vette del Pianeta e la 54enne ci è salita dal versante tibetano. Ironia della sorte, essendoci buio, in cima non ha visto molto, ma si è rifatta con la bellezza del Makalu (un altro monte di ottomila metri, ndr) durante la discesa.

«Nella vita sono assistente alla poltrona nello studio dentistico lasciato a me e a mia sorella da mio padre, sotto casa, a Borghetto e ringrazio appunto mia sorella per avermi concesso di stare via due mesi in preparazione all’arrampicata– racconta –. La passione per questo sport l’ho ereditata, come i miei fratelli Andrea e Tonino, che mi accompagnano sempre nel cuore ma purtroppo sono morti assiderati sul Monte Bianco quando avevo 11 anni, da mio padre». Laureato in medicina, di nome Ettore Zucchelli e noto a Borghetto perché sindaco per tre mandati, tra gli anni Cinquanta e Sessanta, l’uomo è stato ispiratore di Ines. «Originario di una famiglia di salumieri ci ha trasmesso l’amore per la montagna mentre mamma Santina Biancardi, scomparsa a 91 anni, quando è rimasta sola con figli, ha deciso che comunque lo studio dentistico sarebbe comunque andato avanti, appoggiandoci a professionisti. Insomma, abbiamo avuto due genitori splendidi». Mentre la lodigiana era sull’Everest, sul lato nepalese del monte ci sono stati 11 morti per il freddo patito durante le lunghe attese.

«Nel mio stesso giorno erano programmate 90 salite, io sono arrivata in cima alle 4 di notte e ho visto poco per il buio, avevo la maschera, un piumino giallo, ma ce l’ho fatta perché, da dopo Natale, mi ero preparata duramente – sottolinea –. Ho visto molti, non pronti, cercare di salire e temo che la gente morta sul versante opposto, di cui ho saputo al ritorno, avesse sottovalutato il monte. Si doveva affrontare con preparazione e umiltà». «È stata durissima, si sentiva l’altitudine, la fatica, ero la più vecchia, ma anche la più allenata del gruppo di americani, australiani e olandesi con me. Sono testarda e ci sono arrivata. Pur mangiando molto ho perso 7 chili, l’altitudine logora. Conoscevo tutto a priori, salvo, ovviamente, le incognite indipendenti da me – afferma ancora –. Ma tutto era organizzato perfettamente, dalle tende, ai pasti, agli spostamenti in jeep, all’acclimatamento, fino all’attesa di una parentesi con meno vento e all’assistenza degli sherpa, etnia nepalese abituata a vivere in quota e che in quel mese, unico in cui si può salire, lavora per aiutare chi arriva». «Comunque ci sono andata adesso perché non ho più la mamma che altrimenti, anziana, pur senza dirmi di non andare, sarebbe rimasta senza dubbio in pensiero. Mia sorella lo era lo stesso, ma è stata comunque molto di supporto» conclude.