Danno fuoco a due camion e un ufficio a scopo di estorsione: tre condanne a Lodi. La frase: “Me manna a Stidda”

Vittima un costruttore di San Donato Milanese. Il tribunale lodigiano ha emesso tre condanne in primo grado nei confronti di tre muratori: due originari di Gela, in Sicilia, e uno di Melegnano

Uno dei camion dati alle fiamme

Uno dei camion dati alle fiamme

Avrebbero distrutto due autocarri e dato fuoco a un container usato come ufficio, tutto allo scopo di intimidire un imprenditore edile di San Giuliano Milanese e farsi consegnare 150 mila euro. Per questo tre uomini sono stati condannati in primo grado, a vario titolo, per tentata estorsione e incendio doloso dal tribunale di Lodi.

Imputati erano tre muratori: un pregiudicato per stupefacenti di 42 anni residente a Busto Arsizio ma originario di Gela, nella provincia siciliana di Caltanissetta,condannato a due anni e mezzo di reclusione per tentata estorsione, un altro siciliano di 55 anni residente a San Donato Milanese, anche lui di origini gelesi, e un lombardo di 41 anni residente a Melegnano, questi ultimi condannati a 5 anni di reclusione per incendio doloso.

Incendi dolosi

I fatti risalgono a un periodo che va dal 27 maggio al 4 giugno del 2019. Nei cantieri di via Trieste e via Gogol, a Lodi, si erano verificati due incendi: nel primo un autocarro era andato distrutto, nel secondo un altro aveva subito ingenti danni ed era andato in fiamme anche un container adibito a ufficio e contenente attrezzature e documentazione.

Appena poche settimane prima, all’impresario edile che operava in quei cantieri, i tre uomini avevano tentato di estorcere 150 mila euro, minacciandolo velatamente con la frase “me manna a Stidda”, cioè “mi manda la Stidda”, ovvero la mafia siciliana storicamente attiva nelle province di Agrigento, Caltanissetta e Ragusa.

Le indagini

I carabinieri del Ris avevano trovato Dna e impronte di due degli indiziati tra i reperti sequestrati dopo gli incendi, ma le indagini della Procura di Lodi hanno però escluso la matrice mafiosa degli episodi e anche rapporti tra il costruttore e la criminalità organizzata.

Il movente ritenuto più probabile dalla pubblica accusa sarebbe invece una richiesta di aiuto finanziario da parte di un altro imprenditore edile, che era rimasta inascoltata. Ma, per carenza di indizi sufficienti, non sono stati perseguiti né quell'imprenditore né i soggetti che, stando a ipotesi investigative, potrebbero aver fatto da tramite tra di lui e i presunti autori dei reati commessi.