Frecciarossa deragliato a Lodi, le ultime parole: "Scambio in posizione normale"

La relazione finale della commissione d’inchiesta sull'incidente che provocò due morti e trenta feriti: ecco tutte le cause

I vigili del fuoco sul treno distrutto

I vigili del fuoco sul treno distrutto

Livraga (Lodi) - "Allora lo lasciamo senza alimentazione e in posizione normale. E facciamo un fonogramma: deviatoio 5 inibito alla manovra, da usarsi solo per il corretto tracciato". E invece di corretto il tracciato non ha nulla e un treno si schianterà di lì a poco, con due morti e trenta feriti.

Sono le 4.35 del 6 febbraio 2020. Campagna lodigiana, Livraga. Sulle rotaie dell’Alta velocità si sta ancora lavorando sotto la luce delle lampade. I manutentori di Rete ferroviaria italiana hanno appena finito un intervento al bivio sulla Milano-Bologna. Le conversazioni con la centrale sono registrate. E le riportano fedelmente i tre ingegneri della commissione di indagine del ministero delle Infrastrutture che hanno da poco consegnato la loro relazione, con precise indicazioni sulle cause dell’incidente, mentre la magistratura procede parallelamente con l’indagine già chiusa e approdata a 14 richieste di processo. Manca esattamente un’ora al momento in cui di lì passerà il primo convoglio del mattino, il Frecciarossa 9595, partito da Milano. Il deviatoio 5, appena rimesso a nuovo, ha problemi. Quando scatta l’impulso per spostare l’ago che serve a cambiare percorso sembra paralizzato.

Né la centrale, né i tecnici sul posto immaginano che nella scatola dei contatti fornita dalla fabbrica Alstom due cablaggi, il 16 e il 18, siano invertiti. Quando lo scambio risulta in modalità normale, in realtà è deviato. E quando provano a deviarlo, non funziona, perché è già in posizione. Si decide di lasciarlo in direzione di marcia, per fare transitare il treno, di disabilitarlo alla manovra, per tornare a vederci chiaro in seguito. L’avviso parte col fonogramma. Ma un’ora dopo il convoglio arriva a Livraga a 298 chilometri orari (lo certifica la relazione): locomotore e carrozze si sparpagliano come i pezzi di un trenino giocattolo. Muoiono i macchinisti, Giuseppe Cicciù, di Cologno Monzese, e Mario Dicuonzo, di Pioltello. La Procura di Lodi ha appena concluso le indagini, in seguito alle quali il pm, meno di due settimane fa, ha chiesto il processo per quattordici diversi soggetti. Disposto invece lo stralcio, anticamera dell’archiviazione, per altri sette indagati. Tra questi anche due società: Rfi, titolare dei binari, e Alstom Ferroviaria, produttrice del meccanismo difettoso. Il procuratore Domenico Chiaro ha accolto la tesi difensiva che si basa sul recente orientamento della Cassazione secondo cui, nel caso di incidenti ferroviari, occorre sempre ben distinguere le violazioni delle norme antinfortunistiche da quelle sulla tutela della sicurezza dei trasporti. Non si occupano di queste sottili sfumature giuridiche, invece, gli ingegneri Wolmer Zanella, Roberto Maja e Ciro Attaianese, che nel loro dossier devono identificare i motivi del disastro e proporre soluzioni per evitare che possa accadere ancora. Se "la causa diretta è il posizionamento del deviatoio – scrivono – fra quelle indirette, c’è l’errore di cablaggio interno del circuito di controllo dell’attuatore numero 2 del telaio di punta del deviatoio 5", spiegano i tecnici.

E aggiungono una fotografia, in cui si vede il meccanismo, aperto, con due cavi contrassegnati come 16 e 18 collegati a contatti con i numeri invertiti. Lo sbaglio in fase di produzione, documentato in diretta. Certo, la catena di eventi che ha portato allo schianto che ha prodotto solo all’infrastruttura (senza contare il treno, ma anche i risarcimenti a vittime e feriti) danni per oltre nove milioni di euro, non finisce lì. Perché, ed è questo il problema su cui le società di gestione del servizio dovranno intervenire, tutti si sono fidati di quello che vedevano dagli strumenti e nessuno, neppure sul posto, ha controllato che lungo i binari la posizione dello scambio corrispondesse al comando. In più, scrivono i tecnici, c’è una "causa a monte", la mancanza di un meccanismo "di sicurezza del circuito di controllo di posizione del deviatoio, rispetto agli errori di cablaggio". Perché ogni incidente è un domino in cui anche una singola tessera potrebbe impedire il peggio.