Lodi, l'allarme dei cittadini: "Costretti a vivere con forti odori "

Dopo l’inchiesta sui fanghi inquinati smaltiti nei terreni intorno a Lodi, i residenti incalzano il Comune

Il sit-in di Legambiente

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Lodi - "In questa zona siamo costretti a convivere con odori fortissimi per le concimazioni e siamo preoccupati. Chiediamo alla politica locale di fare chiarezza". Così Domenico Ossino, ex consigliere comunale di Lodi, interviene sullo scandalo scoppiato a Brescia dei fanghi smaltiti illecitamente anche nei terreni intorno alla città. Ossino, rappresentante del partito dei Pensionati, che abita in piena campagna, nell’area della città bassa vicino alla Barbina dove si coltiva mais, non nasconde la preoccupazione per l’indagine che ha colpito anche tre Comuni lodigiani (Lodi, Castiglione d’Adda e Casalpusterlengo). Sul caso la Giunta Casanova non ha voluto prendere una posizione chiara, nonostante i solleciti arrivati dalle associazioni. Un silenzio che ha suscitato la reazione di alcuni cittadini.

"Quello che chiedo è la chiarezza – dice il residente Domenico Ossino –. La comunità deve sapere dove sono stati sversati quei concimi illegali. Il Comune è ha conoscenza di cosa viene usato come fertilizzante nei terreni a pochi centinaia di metri dalla città? In tutti questi anni noi residenti ci siamo abituati a sopportare odori molto forti provenire dai campi appena concimati. Puzze a volte insopportabili e che ci hanno fatto preoccupare. Ora, alla luce di questa indagine, chiediamo chiarezza: il Comune deve identificare quali sono i terreni concimati non nel modo corretto. Il rischio è di inquinare la falda acquifera". Domande che meritano risposte. Intanto, l’inchiesta della Procura e dei carabinieri forestali di Brescia che ipotizzano oltre 12 milioni di euro di profitti illeciti, e altre 150 mila tonnellate di fanghi ("gessi") contaminati da metalli pesanti, idrocarburi e altre sostanze inquinanti (l’equivalente di circa 5mila Tir), è in attesa di una svolta. In questa vicenda invece la situazione è diversa. Perché sia i fanghi che i "gessi" sono ammendanti agricoli consentiti dalla legge, a patto che contengano quantità di idrocarburi e metalli pesanti, entrambi cancerogeni e quindi molto pericolosi per la salute, al di sotto di determinate soglie. Un dato che deve sempre essere verificato perché la materia prima per la realizzazione di queste sostanze sono i depositi solidi dei depuratori, sia delle città sia delle industrie. L’inchiesta bresciana ipotizza che non venissero rispettati i tempi di maturazione nel trattamento dei fanghi e che invece della calce venisse impiegato nel trattamento un prodotto che conteneva anche del gesso, in moto tale che, in caso di analisi sul prodotto finito, sembrasse che il gesso si fosse formato durante la maturazione prevista, che richiede mesi.