Covid, tre anni fa il primo contagio di Codogno. Ma oggi il virus non fa più paura

Il 20 febbraio del 2020 la prima diagnosi nel mondo occidentale. Ora i casi sono sotto controllo grazie allo scudo dei vaccini

Coronavirus

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Codogno (Lodi) -​ Domani sera saranno passati tre anni dalla notte del “tampone di Codogno”: la scoperta del primo contagio da coronavirus “autoctono” (cioè senza collegamenti rintracciabili con la Cina) nel mondo occidentale, avanguardia della pandemia che a breve avrebbe travolto per prima la Lombardia, o più precisamente quella striscia – di connessioni geografiche, economiche, umane – che dalla Bergamasca scende in verticale al Cremonese, al Lodigiano e sconfina in Emilia, nel Piacentino.

Da allora il Covid l’hanno preso ufficialmente quattro milioni e 110.136 lombardi, e 45.474 ne erano morti a giovedì scorso, in base al bollettino che conta 58 decessi nell’ultima settimana. Quel giorno c’erano 21 ricoverati Covid in terapia intensiva e 175 negli altri reparti degli ospedali lombardi: numeri ai minimi storici (restringendo il concetto di “storia” agli ultimi tre anni), dato che lo ”zero” che s’è visto in qualche giornata alla voce decessi non ha ancora potuto esser festeggiato, a livello regionale, né per i ricoverati né per i contagiati. L’incidenza in Italia, ha sottolineato il direttore della Prevenzione del Ministero della Salute Gianni Rezza, è a 48 nuovi casi settimanali per centomila abitanti, sotto la soglia della vecchia “zona bianca” superata dall’arrivo, un anno fa, di Omicron e della sua progenie di varianti iper-contagiose.

Certo, oggi di tamponi “ufficiali” (in Lombardia in tre anni ne sono stati fatti quasi 45 milioni) se ne fanno molti meno (73.313 nell’ultima settimana, meno d’un terzo di quelli che si effettuavano in un giorno poco più di un anno fa, al picco della prima ondata di Omicron), e i positivi autodiagnosticati con i test che ormai in farmacia si vendono scontati a meno di due euro non sempre si fanno registrare. Ma da oltre un anno , in questa regione “scudata” da quasi 25,5 milioni di dosi di vaccino iniettate almeno due volte a oltre il 90% degli ultradodicenni, la pandemia ha cambiato passo. Tanto che ieri sia il virologo Fabrizio Pregliasco sia la microbiologa Maria Rita Gismondo, criticata per un’uscita infelice all’inizio della pandemia ("È poco più di un’influenza"), si allineano alla proposta del collega Matteo Bassetti: archiviare i vecchi cartelli sopravvissuti qua e là, nelle città, a ricordare mascherine, distanziamenti e altre restrizioni anticontagio ormai superate. Memoria di un passato recente che molti, adesso, hanno voglia di dimenticare.