Coronavirus, primario di Lodi: "Così abbiamo salvato Mattia, il paziente 1"

Enrico Storti ripercorre quelle ore convulse quando si è scoperto il primo caso covid in Italia: "Se non avessimo giocato la partita a quei livelli, Mattia non ce l'avrebbe fatta"

Mattia Maestri, il 'paziente 1'

Mattia Maestri, il 'paziente 1'

Lodi, 20 maggio 2020  - "Se non avessimo giocato la partita a quei livelli Mattia non ce l'avrebbe fatta". Lo rivela Enrico Storti, responsabile dell'unità di anestesia e rianimazione dell'Asst di Lodi, che racconta le prime 24/48 ore convulse all'ospedale di Codogno dove la sera di tre mesi fa è stato scoperto il primo paziente colpito da Coronavirus in Italia.

La mattina del 20 febbraio, grazie e un lavoro di èquipe, Annalisa Malara, anche lei rianimatrice, dopo essere stata informata che Mattia, ricoverato in gravissime condizioni, era stato a cena con un amico rientrato dalla Cina, ha fatto la richiesta di sottoporlo al tampone, mettendo in atto "la prima manovra di contenimento dell'epidemia", prosegue il primario. Poi è stato impartito l'ordine a tutti i medici e gli infermieri di indossare i dispositivi di protezione in attesa dell'esito. "Ricordo poi che quella sera - prosegue Storti -  mentre stavo andando a Codogno per visitarlo per valutare, assieme ai miei, le condizioni cliniche e il trattamento ventilatorio mi è arrivata la telefonata del direttore generale Massimo Lombardo che mi diceva 'è positivo, vieni qui".

Immediatamente il ritorno a Lodi, dove era già stata costituita l'unità di crisi composta dai dirigenti medici, mentre nell'ospedale di Codogno la direzione sanitaria di presidio aveva disposto di raccogliere tutti i nominativi di chi era stato in contatto con paziente 1 (compresi i parenti al capezzale dei malati ricoverati). Piergiorgio Villani, uno dei rianimatori di punta dell'Azienda "con cui ero in costante contatto" non ha più mollato Mattia, "ha portato avanti il lavoro cominciato con il tampone. Ha applicato i protocolli corretti in modo tempestivo, ha fatto la pronazione e la supinazione, e ha attuato un costante monitoraggio dei parametri cardiaci e polmonari - racconta ancora Storti -. Insomma sono state ore convulse, con tante cose da fare. Lì ha giocato una squadra, ciascuno ha fatto la sua parte. Se non avessimo giocato la partita contro il Covid-19 a quei livelli, Mattia non ce l'avrebbe fatta".