Calcioscommesse, le confessioni di Gervasoni: "Ho corrotto 60 giocatori, più facili se italiani"

Parla uno dei grandi protagonisti dell’inchiesta: "Ancora oggi ho molti dubbi sulla maggior parte delle partite che vedo"

Carlo Gervasoni

Carlo Gervasoni

Legnano (Milano), 12 ottobre 2015 - «Per truccare le partite ho contattato una sessantina di calciatori, solo due hanno detto no, un italiano e uno straniero». Così Carlo Gervasoni, arrestato nel dicembre 2011 per il primo scandalo sul calcioscommesse. L’ex Piacenza è stato squalificato per 5 anni dalla giustizia sportiva e, sul fronte penale, nel giugno 2013 ha patteggiato un anno e 10 mesi di reclusione con pena sospesa. Gervasoni ha raccontato se stesso in un’intervista concessa a ‘Open Space’, il programma di Italia Uno. «Mi sono accorto – racconta – che era più complicato convincere gli stranieri a truccare le gare. Gli italiani facevano storie all’inizio ma poi, quando avevano la mazzetta in mano prima della gara, diventava più facile». Racconta del contatto con il ‘clan degli zingari’, i burattinai delle frodi: «Prima c’è stato il corteggiamento, siamo andati a cena 4-5 volte e ci hanno spiegato cosa dovevamo fare. Loro scommettevano su piattaforme asiatiche, così da evitare il tracciamento e l’identificazione del flusso anomalo di soldi, anche perché loro scommettevano solamente live, durante la partita. La prima volta ci hanno dato 100mila euro da spartire. Il clan era molto organizzato, ci cambiavano le sim dei telefoni ogni mese... La prima combine la proposi a 6-7 giocatori: era Albinoleffe-Pisa del febbraio 2009». Crudo nei pensieri e nelle parole, Gervasoni – protagonista insieme a Cristiano Doni di quell’Atalanta-Piacenza dell’aprile 2010 simbolo dell’inchiesta – racconta le sue scelte: «Perchè vendevo le partite? Per soldi. Io guadagnavo bene, anche 10-15mila euro al mese, ho giocato anche un anno senza stipendio ma questa non è una scusante. Loro hanno dato, a me solo, anche 80mila euro..». E prosegue: «Non dormivo tranquillo, ma con un’adrenalina positiva, non sono ipocrita, sono pentito, ho sbagliato ma se l’ho fatto è perché fondamentalmente mi andava bene portare a casa così tanti soldi in poco tempo. Mi sono sentito una m...., sarei ipocrita a dire il contrario, fingevo anche con i miei compagni perché a volte ho giocato contro la mia squadra...». E prosegue: «Se ho dubbi guardando le partite? Ne ho molti, le guardo con altri occhi, sono malfidato... Me ne accorgo da alcuni atteggiamenti che percepisco guardando i volti dei giocatori o da atteggiamenti un po’ sopra le righe». Una pausa e aggiunge: «Mi hanno beccato con le intercettazioni e avevo paura di fare il carcere. Se non mi avessero intercettato, starei giocando ancora, magari non in maniera propriamente pulita. Sono sincero, se non mi avessero beccato sarei andato avanti».

di Paolo Franci