
RESCALDINA
Messaggi Whatsapp ora ai genitori, ora all’ex e padre del suo bambino che viveva nel Veronese e che periodicamente si metteva in contatto con la madre del piccolo di sei anni per sapere quando sarebbe venuta a trovarlo. E anche acquisti con la sua carta di credito. La folle strategia criminale di Davide Fontana per cercare di allontanare ogni sospetto, nelle settimane successive all’uccisione di Carol Maltesi, avvenuta il 10 gennaio nella casa di corte di via Melzi a Rescaldina, prevedeva anche questa messinscena: utilizzare la carta di credito della ventiseienne di Sesto Calende, di cui si era impossessato, per effettuare degli acquisti nei negozi di scarpe e di abbigliamento dell’Alto Milanese. Il dettaglio, che si aggiunge ai tanti agghiaccianti che compongono l’assassinio dell’attrice – uccisa a martellate dal bancario in un raptus di violenza, gelosia e follia – è emerso nell’ambito delle indagini affidate al pubblico ministero della Procura di Busto Arsizio Alberto Lafiandra.
Fontana, follemente innamorato della ragazza di quasi vent’anni più giovane, era diventato anche una sorta di “manager“ per Carol Maltesi da quando, marzo 2021, aveva abbandonato la moglie per trasferirsi da Milano a Rescaldina. Al punto da utilizzare liberamente le sue carte di pagamento di cui conosceva quindi i pin. Niente di più facile quindi, per farla apparire ancora in vita dopo che in realtà si era sbarazzato del corpo fatto a pezzi, poi chiuso in un congelatore e infine gettato come un rifiuto in un dirupo fra le montagne della Valcamonica, che inscenare degli acquisti. Fra quelli registrati fra gennaio e febbraio ce n’è per esempio uno effettuato in un punto vendita di Pittarello, la catena di calzature. Il prezzo di un paio di scarpe: è quanto viene contabilizzato sul conto bancario della donna. Accanto a questo ne compaiono altri. Fontana paga le bollette, fa il pieno di carburante. L’obiettivo è di farla sembrare viva per poi, con ogni probabilità, inscenare una sua fuga misteriosa. Un castello di menzogne che crolla quando il 29 marzo il 43enne messo alle strette dai carabinieri bresciani, che non hanno più dubbi sulla sua colpevolezza, confessa di averla uccisa. "Sono stato io, non ho capito più niente...".