Legnano, Edith Martelli è morta per l’amianto respirato alla Scala

La cantante lirica si è rifiutata di denunciare il teatro

Edith Martelli

Edith Martelli

Legnano (Milano), 18 giugno 2018 - Se n'è andata con lo stesso spirito indomito di una delle eroine che aveva portato sui palcoscenici di mezzo mondo, Edith Martelli, soprano milanese seconda solo alla divina Callas per pathos interpretativo e talento. Se n’è andata senza piegarsi alla malattia, come avrebbero fatto Lisa, la Sonnambula bella e innamorata di Bellini – pièce con cui esordì alla Scala nel 1957 – o Susanna, la promessa sposa di Figaro nelle Nozze di Mozart, forse il personaggio più amato tra quelli interpretati in oltre cinquant’anni di carriera. A non lasciarle scampo, all’età di 86 anni, il mesotelioma, tumore della pleura causato dalle fibre di amianto che le era stato diagnosticato nel 2004. I medici del Policlinico le avevano dato fra i sei e i 12 mesi di sopravvivenza. Lei ha resistito quattordici anni.

«L’ultimo respiro l’ha esalato qui a casa sua, pochi giorni fa, sconfessando quella prognosi», racconta il figlio Antonio Guarnieri nell’appartamento legnanese dove conserva le foto in bianco e nero della mamma, acclamata nei teatri d’opera più importanti. Giunonica, nel fiore degli anni. Sorridente. Cremonese di nascita, milanese nell’anima, Edith Martelli era andata a vivere a Legnano nel 2004, assieme al marito direttore d’orchestra, per stare vicino al figlio che gestiva una farmacia. Faceva la mamma e la nonna, dopo una vita trascorsa a cantare all’Opera di Madrid, al Metropolitan di New York, a Berlino, Salisburgo o Tokyo. A fianco di Karajan, Abbado, Strehler, Zeffirelli, Pavarotti. Scherzo del destino, è proprio quando smette di calcare le scene, che il successo le presenta il conto. «Il tumore è arrivato a distanza di decenni – ricorda Antonio – dopo che la mamma aveva inalato inconsapevolmente e sistematicamente le fibre invisibili d’amianto di cui fino agli anni Ottanta erano infarciti tutti i teatri, Scala compresa, dagli apparati scenici, ai sipari, alle quinte».

Già la Scala: Edith è solo l’ultima di una lunga lista di cantanti lirici di quell’epoca, ma anche di tecnici e macchinisti, che contrae il mesotelioma. Quando però nel 2012 le propongono di aderire a una class action contro il teatro, e di chiedere i danni, lei si rifiuta con forza. «Posso testimoniare d’avere lavorato alla Scala, certo, ma non le farò mai causa, mai e poi mai», sono le sue parole. «Per la Scala aveva un amore assoluto, ci aveva trascorso 25 anni di carriera – ricorda il figlio – Per mia mamma la malattia non c’entrava nulla con quello che, per lei, era il più bel teatro d’opera del mondo». Edith si avvia così al gran finale, circondata dall’amore del marito, del figlio e dei nipoti. Antonio le somministra tutti i giorni una preparazione a base di Aloe Arborescens che pare avere effetti positivi. «Pensi che nel 2012 l’Asl per un errore l’aveva conteggiata fra i deceduti – ricorda il figlio – Quand’era venuta a saperlo s’era fatta una gran risata. A tenerla aggrappata alla vita è stata la passione per la lirica. Solo fino a un anno fa insegnava alla scuola di musica di Casatenovo (Lecco). Anche 12 ore al giorno di lezione e un panino mangiato al volo. Robe da stremare un fisico più giovane e in salute. Finché ha potuto ha cantato, poi quando non ce l’ha più fatta ha trasmesso tecnica e segreti a schiere di allievi affezionati. Stanca ma felice».