CHRISTIAN SORMANI
Cronaca

Don Mauro Galli e gli abusi sessuali a un ragazzino. La condanna e le mancate scuse: com’è finito il processo dopo 12 anni

Per l’ex vicario parrocchiale di Legnano un patteggiamento e tre anni da scontare ai domiciliari. Le violenze risalgono al 2011 a Rozzano. La famiglia della vittima: “Abbiamo evitato la prescrizione”

Don Mauro Galli era accusato di violenza sessuale

Don Mauro Galli era accusato di violenza sessuale

Legnano (Milano) – Si è conclusa ieri una vicenda durata dodici anni fra documenti, carte, accuse di abusi, tribunali e avvocati. Ieri mattina al tribunale di Milano, nella seconda sezione penale della Corte d’Appello, si è svolta l’ultima udienza dell’appello bis per don Mauro Galli, l’ex vicario parrocchiale di Legnano condannato per abusi. Il prete, con sentenza di condanna definitiva, sconterà tre anni di reclusione ai domiciliari.

Quello andato in scena al tribunale di Milano è stato di fatto un "concordato in appello", una sorta di patteggiamento proposto dalla difesa e accettato dalla procura generale. Sul processo incombeva la prescrizione. Gli abusi erano avvenuti a Rozzano e la notizia dei presunti reati compiuti dal prete di fatto era già arrivata in diocesi prima del trasferimento a Legnano il primo marzo del 2012.

Don Mauro era stato spostato nella città del Carroccio per essere poi nominato vicario parrocchiale della parrocchia di S. Pietro in Legnano e incaricato della Pastorale Giovanile delle parrocchie di S. Teresa del Bambino Gesù, dei Santi Magi in Legnano e di SS. Redentore in Legnarello. Di fatto vicino a giovanissimi dopo essere stato allontanato da Rozzano per fatti risalenti al 2011, quando nell’abitazione del sacerdote un adolescente che si trovava per trascorrere la notte in vista delle attività di preghiera previste per il giorno successivo sarebbe stato avvicinato con troppa tenerezza e atteggiamenti equivoci e poco consoni, quali dormire insieme in un letto matrimoniale abbracciando il ragazzo.

Al processo erano presenti i familiari della vittima: "Era la migliore conclusione possibile per evitare il rischio della prescrizione che, di fatto, avrebbe vanificato tutto l’iter processuale". Adesso secondo la rete Abuso che si occupa di reati compiuti dai sacerdoti, rimane ora aperta e da ridefinire la parte ecclesiastica. Nei fatti un prete che ha commesso un reato, per il quale è stato condannato, viene posto ai domiciliari ma non vi è traccia di un percorso di cura affinché comprenda la portata di ciò che ha fatto. L’ammissione di colpa, sancita dal patteggiamento e dal risarcimento dato in via extra-giudiziale, non ha finora dato seguito a nessuna richiesta di perdono alla vittima, alla sua famiglia e alla stessa parrocchia in cui operava all’epoca dei fatti.