
Uno dei momenti più salienti della celebre commemorazione storica con uniformi e armi dell’epoca
magenta, 5 giugno 2016 - Da qui iniziò il cammino verso l’unificazione d’Italia e venne scritta una delle pagine di storia più importanti del nostro Paese. E fu questo combattimento della seconda Guerra d’Indipendenza a segnare anche le sorti dell’Europa. Fu una battaglia risorgimentale sanguinosa quella di Magenta del 4 giugno 1859. Sul campo 58mila soldati franco-piemontesi e 62mila austriaci. I caduti furono circa 14mila. L’eco degli avvenimenti fu talmente ampio che il nome «Magenta» venne usato per definire il colore rosso scuro del sangue (ma c’è chi pensa che l’origine sia da legare alla tinta dei pantaloni degli zuavi di Napoleone III). Ci fu di tutto in questo scontro campale: disperazione e morte, ma anche identità nazionale e solidarietà fra popoli. Ecco perchè ogni anno la battaglia viene ricordata con cerimonie e rievocazioni.
Voce narrante della rievocazione quella di Pietro Pierrettori, presidente della Pro loco di Magenta, organizzatrice insieme al Comune dell’evento. A dirigere sul campo, invece, Antonio Rota. «Una rievocazione storica - ha detto il sindaco Marco Invernizzi - che è portatrice di valori. Ricordiamo una battaglia che ha fatto tanti morti, ma la celebriamo anche come festa di pace». E anche ieri, per il suo 157esimo anniversario, migliaia di persone sono arrivate in città per rivivere a vita militare dell’epoca, tra bivacchi, esercitazioni e addestramenti. «Questa rievocazione è per tutte quelle nazioni che condividono i valori di democrazia e solidarietà», ha detto il console di Francia Olivier Brochet. Tra i gruppi storici anche i popolani del gruppo di Ponte Nuovo e i figuranti del generale Cler del gruppo di Magenta. Applausi a scena aperta, poi, per gli inni nazionali suonati dalla banda dei pompieri di Magenta. Non è infine mancato anche chi è arrivato dall’Argentina con tanto di medaglia al petto. Si tratta di Juan Antonio Mella. Un suo avo fu tra i protagonisti di questa storica battaglia.
di DAVIDE GERVASI