GIOVANNI CHIODINI
Cronaca

Abbiategrasso, in pensione a 90 anni, controvoglia: "Forse apro un bar"

Franco Balconi, dopo settant’anni di lavoro non ha nessuna intenzione di riposarsi

Franco Balconi

Abbiategrasso (Milano), 22 gennaio 2019 - Ha compiuto 90 anni ed ha deciso di andare in pensione, chiudendo il portone che dal corso San Pietro porta all’interno del cortile dove c’è il suo magazzino. Franco Balconi non era certo tra quelli che aspettavano la revisione della legge Fornero per andare in pensione. «È da tre anni che non aveva più senso tenere attivo il magazzino, per come il mercato è cambiato. Però ho voluto comunque andare avanti, ponendomi il traguardo dei 90 anni. L’otto gennaio ho compiuto 90 anni e ho chiuso l’attività». «Ho cominciato l’attività 70 anni orsono con lo steso, vendendo tessuti a metri, in uno spazio ridotto rispetto a questo. Poi ci siamo evoluti con la vendita delle confezioni» dice l’anziano commerciante.

Chi ha fondato l’attività?

«Io, a 21 anni. I miei genitori facevano i panettieri. Finite le scuole ho lavorato per alcuni anni a Milano in un’azienda di autotrasporti. Poi mi ha richiesto come commesso un commerciante di Abbiategrasso, Scotti. Dopo cinque anni abbiamo litigato e da lì è nata la mia avventura commerciale che si è sempre svolta in corso San Pietro. Qui sono arrivato 35 anni fa. Abbiamo acquistato la proprietà e realizzato un negozio-magazzino. Qualcosa di più di un negozio, avendo una superficie di 350 metri quadrati, quasi un supermercato dell’abbigliamento. Non c’erano in zona magazzini del genere. Per questo posso dire che ho vestito generazioni di abbiatensi, e non solo. Avevo clienti che arrivavano da Milano e Vigevano. Mi hanno dato delle belle soddisfazioni e più che clienti erano amici».

Ha coinvolto altri della sua famiglia?

«No. Mia moglie non ha mai voluto. Avevo con me tre commessi. Per 33 anni ha lavorato con me anche uno dei figli. Oggi è anacronistico che vada avanti da solo».

Vendevate anche vostri vestiti?

«No. Io ho sempre fatto solo il commerciante. Facevo fare pantaloni a delle piccole sartorie. Davamo noi i tessuti e vendevamo poi i pantaloni fatti per noi, del modello e con i tessuti che volevamo noi. Tutte le altre confezioni che vendevo le comperavo nelle fabbriche. Avevamo fornitori anche in Belgio, in Svizzera, in Francia. Le tende le predavamo in Germania. Eravamo molti attenti a seguire l’evoluzione della moda. Ad un certo punto eravamo il quinto rivenditore, per importanza, del marchio Facis».

Che cosa vi ha sempre contraddistinto?

«La qualità e anche le taglie drop. Per stare sul mercato dovevi sapere coniugare qualità e prezzo, e io ci riuscivo. Oggi invece vanno di moda gli spacci e i negozi gestiti dai cinesi dove l’acquisto viene invogliato solo dal prezzo. La qualità? Be’, quella dimentichiamola».

Con la crisi dell’ultimo decennio è iniziato il vostro declino?

«L’effetto della crisi si è sentita sul portafoglio del cliente che non è stato più in grado di pagare la qualità. Così le fabbriche hanno chiuso e si è sviluppato il mercato dove un paio di pantaloni lo puoi comperare a 10, 15 euro. Da me invece ci volevano 80-120 euro».