Abbiategrasso, il liceo dove si insegna l’arabo e come indossare il velo: “Non è sudditanza, lo portavano anche le nostre nonne”

Il dirigente Giovanni Ferrario: “Lo facciamo da tre anni e abbiamo 80 iscritti. Nessuno si è mai lamentato. Hanno costruito un caso sul nulla”

Giovanni Ferrario guida l’istituto Bachelet, con oltre 1.300 studenti e 55 classi

Giovanni Ferrario guida l’istituto Bachelet, con oltre 1.300 studenti e 55 classi

Al centro delle polemiche come la scuola Masih di Pioltello. Questa volta tocca all’istituto Bachelet di Abbiategrasso, nell’Ovest Milanese: 55 classi, 1.311 studenti che seguono i corsi di liceo scientifico, linguistico, Scienze umane e istituto tecnico economico. Qui si svolge, ormai da tre anni, un corso di introduzione alla lingua e alla cultura araba. Nessuno fin qui aveva mai sollevato critiche. Ma quest’anno si annuncia una novità: si dimostrerà anche come usare il velo islamico, lo hijab.

"Scalpore? Solo per la stampa. Da noi il corso suscita curiosità. Sono le nostre studentesse che chiedono alle studentesse arabofone di provare a mettere il velo – sottolinea il preside Giovanni Ferrario –. Del resto l’uso del velo appartiene alla cultura popolare internazionale. Quante volte si vedono immagini anche di attrici americane che portano il velo. Le nostre nonne, e questo è un altro esempio, quando si recavano in chiesa usavano sempre il velo, che era uno dei capi di abbigliamento a cui ambivano maggiormente. E più era ricamato più era bello, e più era ambito".

Quindi nessuna forma di sudditanza all’Islam?

"Siamo seri. È un laboratorio di acconciatura, con l’uso dei veli e degli henne. Un momento inserito nel contesto di un momento conviviale in cui ci si scambiano dolcetti tipici, salatini. Si beve il tè. Un momento conviviale e di rispetto reciproco a cui ho sempre partecipato con grande interesse. Il rispetto reciproco, non dimentichiamo, è alla base di tutte le relazioni. Se voglio che uno studente mi rispetti io devo essere il primo a rispettare lui".

Come mai solo oggi montano queste polemiche?

"Non lo so, dipende dal momento. L’annuncio per le iscrizioni del corso è stato fatto attraverso una circolare che è arrivata a tutti i docenti, ai ragazzi, ai loro genitori, a chi ne ha la potestà. Diciamo che almeno 3mila persone hanno potuto leggerla. Non è stato fatto nulla di nascosto. Anche perché questo corso è solo una delle nostre 66 attività extracurriculari che abbiamo approntato nel corso dell’anno scolastico. La circolare sarà arrivata anche a qualche giornalista che poi ci ha voluto montare un caso. Un caso sul nulla, lo ripeto".

Com’era nata questa idea?

"Tre anni fa due nostri docenti l’hanno proposto al consiglio sulla base delle loro esperienze didattiche e personali, con l’idea di offrire un’opportunità per ampliare i propri orizzonti, sia per gli studenti desiderosi di avvicinarsi a nuove lingue e culture, sia per il personale scolastico interessato ad approfondire le proprie competenze interculturali. Il primo corso, nel 2022, ha avuto 80 iscritti. Lo scorso anno le iscrizioni sono state una cinquantina. Quest’anno la metà. Per questi ultimi tre incontri si chiedevano le iscrizioni perché con meno di 15 persone non si sarebbe fatto".

Come si svolge il corso?

"I corsi sulla lingua araba, coordinati dalla professoressa Margherita Quaglia, vengono svolti coinvolgendo direttamente gli studenti arabofoni, soprattutto ragazze. In questo modo si valorizzano le loro conoscenze pregresse, sia linguistiche che culturali. Nella prima fase del corso si fa riferimento soprattutto all’alfabeto, al modo di scrivere e leggere l’arabo. In questa seconda parte si affrontano le questioni più propriamente culturali, dalla gastronomia alla moda, dalle festività e delle celebrazioni".