Como, 5 gennaio 2025 – Almeno quattro omicidi in due anni, non sempre con un colpevole certo, che le cronache registrano appena. I boschi e i campi che circondano le città lombarde, comodi di tangenziali e svincoli, sono da anni la frontiera invisibile di un impero milionario, quello di bande di spacciatori e narcotrafficanti organizzate su base territoriale, agguerrite e dotate di armi letali. Machete, pistole e anche fucili, come nel caso di Anas Khouja.
La fascia prealpina
Fanno paura i boschi di Como e di Lecco. Nonostante le denunce dei sindaci e i controlli delle forze dell’ordine allontanare gli spacciatori è un’impresa difficile, per non dire impossibile. Ad Appiano Gentile, nel Parco della Pineta, mesi fa i sindaci del comprensorio sono arrivati a chiedere a gran voce antenne e ripetitori per amplificare il segnale e garantire la copertura telefonica, un modo come un altro per spingere escursionisti e sportivi a riappropriarsi della rete di sentieri che oggi è quasi completamente abbandonata. Gli unici che riescono a muoversi a occhi chiusi sono gli spacciatori, come in altre aree della Lombardia le bande che in questa parte della provincia riforniscono non solo i “clienti” italiani, ma anche decine di tossicodipendenti svizzeri che arrivano fin qui dal Canton Ticino perché la droga costa meno.
Le Groane inaccessibili
Così come un perfetto ufficio cambi sotto gli alberi le dosi si vendono con uguale facilità in euro e in franchi. Un tempo le transazioni si consumavano direttamente a bordo strada, o a bordo ferrovia, come accadeva nelle Groane a Ceriano Laghetto: per limitare il fenomeno, d’estate, si decise di fermare anche i treni. Adesso ci sono le “staffette”, spesso altri tossicodipendenti che in questo modo si guadagnano uno sconto o qualche dose gratis, che fanno avanti e indietro fino agli accampamenti dei pusher che si trovano all’interno del bosco. I Cacciatori delle Alpi per mesi li hanno cercati anche con gli elicotteri, ma nonostante i sequestri e gli arresti sono sempre tornati. Magari non sempre gli stessi, un tempo a comandare erano i marocchini, adesso si stanno facendo strada afghani e nigeriani.
Spietati e pericolosi
Cambiano le lingue, ma i metodi sono sempre gli stessi. Anche più spietati. Siccome la droga rende, per difendere il territorio, la piazza di spaccio, non si esita a usare la violenza e i regolamenti di conti sono feroci. Nell’agosto scorso a Nibionno in provincia di Lecco un 36enne di origini straniere è stato gambizzato con alcuni proiettili di piombo di piccolo taglio sparati con un fucile da softair, ma negli accampamenti nel corso degli anni è stato sequestrato un piccolo arsenale di armi da taglio e da fuoco.
Passeggiate vietate
Lo spaccio è l’unica attività che non si è mai fermata neppure ai tempi del Covid, anzi a Merone in provincia di Como si può dire che sia nata una piazza di spaccio proprio in quel periodo approfittando dei boschi vicini alla stazione. Per lo stesso motivo si spaccia nelle boscaglie lungo la statale Como-Bergamo e la Ss36, le zone più problematiche sono Nibionno, Valmadrera, Civate, Annone Brianza, Oggiono, Molteno e Garbagnate Monastero. In Alto Lago si spaccia nei boschi di Colico, Dervio e Dorio. Lo stesso problema è presente a Gravedona in provincia di Como e nell’area del Pian di Spagna dove a rifornirsi arrivano i clienti fin dalla Valtellina e dalla Valchiavenna. Zona calda, l’area al confine fra Milano, Brianza, Como e Varese, fra le Groane e le grandi autostrade dirette a Nord, e nella Bassa, nella vasta area agricola fra Lodi e Pavia.