Incidente in quota, guida condannata: "La montagna ha altre leggi"

Risarcimento al cliente ferito. "I pericoli ci sono, non abbiamo la sfera di cristallo"

Montagna

Montagna

Lecco - ​Fino a quale quota si può spingere la giurisprudenza? Quanto le regole della giustizia e del diritto possono decidere per quelle della natura estrema? Se lo chiedono in molti ora, fra i professionisti della montagna, dopo la sentenza di condanna del Tribunale di Lecco nei confronti di una guida alpina che dovrà risarcire con sessantamila euro un cliente, un imprenditore veneziano cinquantenne che, dopo essere precipitato in un crepaccio durante un’uscita di scialpinismo aveva rimediato un’invalidità del 15%. L’incidente risale al marzo del 2016 e la vittima partecipava ad un’ascensione con gli sci sul Cevedale, con altre persone. Salendo verso la vetta un crepaccio gli si è aperto sotto ai piedi (e agli sci) e non era assicurato con una corda. Precipitato per sei o sette metri era stato poi estratto con l’intervenuto l’elisoccorso di Sondrio.

Il trauma subito ha reso necessari 4 mesi di riabilitazione e causato all’imprenditore una invalidità permanente del 15%, con conseguenti limitazioni nella sua attività lavorativa. Un incidente grave a seguito del quale l’imprenditore ha deciso di fare causa alla guida per omissione. La sentenza rileva che "emergono difficoltà nello svolgimento dell’attività lavorativa specifica di carattere imprenditoriale". Ritenendo che la caduta fosse imputabile alla errata scelta, operata dalla guida alpina, di far procedere gli escursionisti non in cordata, ovvero "senza essere legati fra di loro".

"Era marzo e c’era pericolo valanghe. Dovevamo attraversare un canale pericoloso e avevo deciso e comunicato ai clienti che ci saremmo legati dopo quel tratto, perché se fosse scesa una valanga li avrebbe portati via tutti – racconta Fabio Lenti, la guida alpina protagonista di questa storia. Da 42 anni impegnato in montagna prima come alpinista in tutto il mondo su cime di settemila e ottomila metri, poi come guida alpina e da tantissimi anni è uno degli uomini di riferimento del soccorso alpino lombardo, al lavoro tutti i giorni a bordo dell’eliambulanza –. Il rischio di cadere in un crepaccio era minimo e quello di valanghe 3 (marcato). E allora mi chiedo: a chi spettava fare queste valutazioni? E quando siamo scesi con gli sci avrei dovuto legare tutti? Chi lega i clienti in discesa con gli sci? Eppure i pericoli sono gli stessi. La gente cade nei crepacci anche mentre scia. È evidente che è diventato difficile lavorare e le responsabilità oggi sono veramente tante. Tutti sanno che se vai a fare una cascata di ghiaccio ti può cadere un blocco in testa, se vai a fare scialpinismo puoi essere travolto da una valanga e noi non possiamo prevedere il futuro. Non siamo infallibili e non abbiamo la sfera di cristallo".