Santa Maria Hoé, la sede esentasse era nel paradiso fiscale. Evasione da 10 milioni

Lecco, nei guai due imprenditori titolari di un’impresa . In cinque anni hanno accumulato un capitale

Il comandante provinciale della Gdf, Emilio Fiora

Il comandante provinciale della Gdf, Emilio Fiora

Santa Maria Hoé (Lecco) - ​Gli affari li facevano in Italia, ma la sede legale della loro società era in una sorta di paradiso fiscale per non pagare le tasse. I militari della Finanza di Lecco, guidati dal loro comandante colonnello Emilio Fiora che ha molta esperienza nel fiutare simili magheggi, hanno però scoperto il trucco e li hanno messi sotto inchiesta. Si stima abbiano evaso almeno 10 milioni di euro di Iva in cinque anni. Ad essere accusati di frode sono i due amministratori della "Giovenzana international B.V." di Santa Maria Hoè, azienda brianzola tra il resto per il commercio di prodotti elettrici fondata nel 1952, ufficialmente, e anche fittiziamente secondo gli inquirenti, con sede legale e fiscale ad Amsterdam, nei Paesi Bassi.

"L’indagine ha accertato un fatturato effettivo in Italia di circa 50 milioni di euro tra il 2013 e il 2018 e un’IVA non versata di oltre 10 milioni di euro", spiegano i magistrati di Eppo, l’European public prosecutor’s office, cioè della Procura europea. Sono loro, infatti, ad occuparsene e coordinarla, dopo che i procuratori lecchesi hanno passato per competenza il testimone dell’indagine internazionale al collega Gaetano Ruta dell’Eppo di Milano.

Da alcuni giorni i finanzieri del Nucleo di Polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza lecchese, comandati dal tenente colonnello Domenico Peluso, sono a caccia dei conti correnti e dei beni mobili e immobili dei due imprenditori per un valore di 10 milioni di euro che non avrebbero pagato, in modo da congelarli e metterli al sicuro prima che spariscano. Gli accertamenti sono scattati nel 2019. Dalle verifiche è emerso che i titolari dell’impresa brianzola commercializzavano i loro prodotti soprattutto in Italia. Avrebbero tuttavia finto che la merce fosse destinata all’estero, in altra Paesi all’interno dell’Unione europea, abusando della sede estera fittizia per non versare l’Iva dovuta in patria, attraverso il meccanismo negli ambienti noto anche come “tax inversion“.

"Inoltre si ritiene che la società con sede fittizia nei Paesi Bassi abbia creato un sistema societario complesso, tramite cui era controllata da una holding registrata nelle Antille olandesi, dove vige un regime fiscale preferenziale, e da un’altra società anch’essa apparentemente con sede nei Paesi Bassi", rivelano i procuratori europei, che dalla sede centrale in Lussemburgo hanno diramato un comunicato ufficiale sulla vicenda.

È il cosiddetto schema “Dutch sandwich“, una forma di tecnica di evasione fiscale che prevede l’utilizzo di società madri in Paesi diversi per spostare i profitti in paradisi fiscali. Per recuperare i 10 milioni di euro di imposta sul valore aggiunto dovuti ma mai saldati, il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Lecco ha ordinato il sequestro di beni di pari valore. "L’esecuzione delle ricerche, del sequestro e del congelamento dei beni è ancora in corso", spiegano gli investigatori, che sottolineano pure che "tutte le persone interessate si presumono innocenti fino a quando la loro colpevolezza non sia stata provata nei competenti tribunali italiani".