"Sono convinto che i tifosi non siano arrabbiati perché si ritorna in C ma per il modo. Retrocedere dopo solo un anno in B ci sta ma non dopo un campionato così". Lorenzo Marconi non ha bisogno di presentazioni: recordman di sempre con 545 presenze in bluceleste, 18 campionati di fila molti dei quali con la fascia di capitano al braccio. In una parola: la bandiera.
Annata da dimenticare ma la partenza ad handicap della scorsa estate?
"L’estate trascorsa tra ricorsi e la corsa ai lavori allo stadio non ha aiutato: le cose da fare erano tante e tutto sommato sono state gestite anche bene".
Questo però ha creato problemi anche sul fronte tecnico.
"Partire senza sapere in quale campionato giocherai non è mai facile".
A Luciano Foschi si doveva dare più tempo?
"Gli si poteva dare più tempo proprio perchè la squadra era stata messa in piedi in tutta fretta. Però ci sta che a fronte di un punto in sette gare, la proprietà decida di cambiare. E lui forse aveva esaurito i bonus con la fortuna".
In che senso?
"Quella che ha aiutato lui e la squadra a vincere i playoff di C. Sono stati giocati benissimo ma tutto è anche girato per il verso giusto, com’è normale quando arrivano i risultati. Poi però il tempo ha detto che il problema non era Luciano e non lo dico perchè è un amico ed ex compagno di squadra".
Perché?
"Perché i grossi errori sono stati fatti successivamente".
Ci spieghi meglio?
Una volta esonerato Foschi, in panchina sono arrivati Malgrati e Bonazzoli. Il cambio ha fatto bene alla squadra: ricordo la vittoria in casa 3-2 con il Parma e lo 0-0 al Sinigaglia con il Como, che adesso sono la prima e la seconda del campionato".
Poi il ko in casa con la Ternana, che è sembrato lo spartiacque tra un prima e un poi.
"Quella volta ero allo stadio e ricordo un primo tempo stradominato e finito 2-0, poi nel secondo la Ternana l’ha ribaltata ed è finita 2-3. Nel calcio succedono queste cose ma non devi farne una tragedia, come ha fatto invece ha fatto il presidente. Ma cosa pensavano di vincere a mani basse contro tutti al primo anno in serie B?".
Poi si è scelto di cambiare ancora con l’arrivo di Aglietti.
"Con il nuovo allenatore sono arrivati oltre una decina di giocatori e altrettanti sono partiti. Tutto questo ha rotto definitivamente il giocattolo, spaccato lo spogliatoio della promozione e compromesso la stagione. Quella squadra poteva giocarsi la permanenza fino alla fine, bastavano due innesti di qualità e non una rivoluzione inutie".
Bastava un pizzico di buonsenso in più nella gestione dei passaggi critici?
"Il punto più basso lo si è raggiunto quando Di Nunno ha parlato dal balcone prima di una partita in casa: che benefici poteva dare una cosa del genere? Nessuno e si è visto. Qualcuno del suo staff avrebbe dovuto fermarlo".
E intanto il Como punta la A.
"Tra noi e il Como c’è sempre stato un abisso, che si è ridotto quando anche loro hanno avuto problemi societari. La loro forza è e rimane Orsenigo, dove hanno costruito fior di campioni. L’attuale proprietà avrebbe potuto investire i soldi della B consuitata dopo 50 anni di fatiche acquistando un centro sportivo che avrebbe dato un asset alla società per renderla più solida e appetibile. Un’occasione arrivata dopo 50 anni e invece sciupata per gettare le basi del futuro. E ora temo un’altra estate calda".