ANDREA MORLEO
Cronaca

La tragedia di Joele in un libro. "Vittima della banalità del male"

Il giornalista-scrittore Stefano Tura si è ispirato all'omicidio di Maidstone per il suo thriller

Joele Leotta

Lecco, 10 marzo 2016 - A volte la realtà supera anche i peggiori incubi. Lo sa bene chi di mestiere fa il cronista come Stefano Tura, che per il suo ultimo thriller («Il principio del male» (Edizioni Piemme, 2016, 370 pag, 18,50 euro) ha dichiarato di essersi ispirato all’omicidio di Joele Leotta di cui si era dovuto occupare come corrispondente Rai da Londra. Per questo lo abbiamo contattato.

Tura, ci racconta perché la tragedia di Maidstone, dell’ottobre 2013, l’ha così così segnata?

«Innanzitutto vorrei chiarire che non ho fatto la storia di Joele e Alex: primo perché non mi sembrava giusto e poi nemmeno era il mio obiettivo. É stato un fatto di cronaca che mi è servito, come ho fatto nei miei libri precedenti, per raccontare una realtà effettivamente presente qui».

Nel libro Marco e Anna lasciano Bologna e si trasferiscono a Ipswich, nel Suffolk e dopo poche settiomane vengono trovati morti. Anche loro giovani italiani che partono per l’Inghilterra in cerca di quelle speranze che il loro Paese sembra non offrir più loro?

«Sì e le analogie finiscono qui, anche se nella vicenda di Joele e Alex c’è un più di drammaticità. Ci sono due ragazzi giovanissimi, due amici che decidono di partire per l’Inghilterra, trovano casa e un lavoro umile ma sono felici come i loro genitori che vedono le loro foto postate in Facebook, invece vengono aggrediti e picchiati senza alcuna responsabilità reale».

La banalità del male?

«Nel processo è emerso che tutti i vicini si erano lamentati con il proprietario di casa, un indiano, il quale in effetti aveva deciso di sfrattare quei lituani proprio nel giorno in cui arrivarono Joele e Alex. Così nella mente malata di quei lituani i due italiani erano in realtà i loro avversari».

Gioele sarebbe morto dunque per un maledetto equivoco?

«Sì, è agghiacciante come il fatto che nel rapporto del pm si legge che quando i lituani irrrompono nella camera di Joele e Alex, li trovano a letto in pigiama, un’immagine che non richiama certo aggressività. Eppure vengono picchiati una prima volta, nella quale Joele viene solo tramortito. Secondo il racconto di Alex, sarebbe sopravvissuto se i lituani non fossero tornati e non lo avessero buttato giù dalle scale».

Il libro è anche in qualche modo il tentativo di metabolizzare quella triste vicenda?

«Certamente. All’epoca avevo un figlio di quell’età e la cosa mi toccò molto, tanto che l’anno successivo partecipai al Premio Azzeccagarbugli (con “Tu se il prossimo“, che si classificò al terzo posto ndr) e se avessi vinto, avrei dedicato il premio proprio a Joele».

Come sono oggi Londra e l’Inghilterra nei confronti degli immigrati?

«Londra è una città tradizionalmente multiculturale dove gli immigrati trovano lavoro sì ma è altrettanto dura perché cara e competitiva. Nel resto dell’Inghilterra invece la crisi ha lasciato segni profondi, l’immigrato è visto con diffidenza e questa paura anche qui è strumentalizzata da una certa parte politica».

Dopo dieci anni cosa le manca di più dell’Italia, cibo a parte?

«Qui a Londra si viaggia e lavora, si lavora e viaggia per tutta la settimana e poi nel weekend ci si butta nell’alcol che qui è un problema serio. Noi mediterranei ci siamo abituati invece a regalarci qualcosa di più dalla vita».