DANIELE DE SALVO
Cronaca

Fuga dalla Siria per tornare in Italia, la nuova sfida degli 007

Dopo il piccolo Alvin ora si cerca di riportare a casa Mohamed Koraichi, partito da Barzago per unirsi ai combattenti dell’Isis nel 2014

Combattenti dell’Isis l’autoproclamatosi Stato islamico ora prigionieri in Siria

Bulciago, 27 novembre 2019 -  È da mesi che i carabinieri del Ros di Milano, supportati dai colleghi del Reparto operativo alle dipendenze del colonnello Claudio Arneodo, vicecomandante provinciale di Lecco, che si stanno occupando del caso fin dall’inizio, sanno che è vivo il foreign fighter Mohamed Koraichi, 34 anni, partito da Barzago per il Califfato nel 2014 insieme alla moglie Alice Brignoli, 42 anni, e ai loro tre figli che adesso hanno 7, 9 e 11 più un altro fratellino di 3 nato in Siria.

Da quel momento nel massimo della segretezza gli agenti degli apparati di sicurezza stanno valutando come riportarlo a casa per arrestarlo, come successo per altri combattenti italiani che si sono uniti ai miliziani di Daesh. Non è facile: non ha documenti ufficiali. È detenuto in una prigione di massima sicurezza gestita da soldati curdi che non sono ufficialmente riconosciuti a livello diplomatico e il presidente della Siria potrebbe non essere disposto a lasciarlo andare. Bisognerebbe inoltre estradarlo prima via terra passando per Libano che è l’unico corridoio sicuro, e poi mediante un ponte aereo, garantendo però le massime condizioni di sicurezza.

Secondo gli 007 dell’Antiterrorismo sarebbe intatti un ufficiale di rango elevato dei tagliagole, che ha partecipato a cruente battaglie e cercato di reclutare altri combattenti del Califfato. È comparso anche in alcuni filmati girati durante l’attacco ad un aeroporto siriano in cui sono stati sgozzati quasi 250 militari di Damasco. Lui, da dietro le sbarre, dove indossa la tuta arancione stile Guantanamo, continua a spacciarsi per un bravo fedele musulmano e per un cooperante umanitario.

«Sono venuto qua perché c’erano la sharia e l’Islam – racconta tramite il giornalista di guerra Fausto Biloslavo e la sua guida Barzan Jabar -. Sono venuto qua per aiutare chi aveva bisogno». Per lui le carneficine, le esecuzioni sommarie, gli attentati sono stati dei semplici sbagli: «Come in tutte le guerre sono stati commessi degli sbagli, da tutte le parti anche da parte di quelli dello Stato di Daesh». Ora vuole però tornare a casa in Italia: «Non sono contento per quello che stiamo passando, sono stato ferito, mi si è rotto il cranio, chiedo di trovare una soluzione perché qui è critica». Ma prima di lui ci sono da riportare a casa i suoi figli.