
La nipote Serafina, commossa, posa la pietra d'inciampo
Esino Lario (Lecco), 18 maggio 2025 – “Zio Matteo è tornato a casa”. Ottant’anni e tre mesi dopo essere stato ucciso nel campo di concentramento di Mauthausen, sottocampo di Mellk, il partigiano Matteo Adamoli è tornato nella sua Esino Lario. Aveva appena 19 anni quando nel ‘43 venne chiamato alle armi, 17esimo Reggimento Artiglieria di Novara, durante la Seconda guerra mondiale; nemmeno 20 quando dopo l’Armistizio dovette prima arruolarsi con i repubblichini per evitare rappresaglie contro i genitori e poi scelse di disertare; 20 appena compiuti quando divenne partigiano sulle Grigne e il 2 novembre 1944 venne arrestato, ferocemente torturato per obbligarlo a tradire i compagni di cui tuttavia non pronunciò mai i nomi e deportato nel lager; 21 quando il 12 febbraio 1945 morì. Non ha una sepoltura, né una tomba: il suo corpo è stato soppresso in un forno crematorio dei campi di sterminio.
I partigiani
La sua lapide è una pietra di inciampo, posta ieri davanti a casa sua, in via Trento 1, a Esino, accanto alla chiesa parrocchiale; il canto funebre, lo squillo di tromba del Silenzio. “Oggi ti abbiamo riportato a casa”, saluta il suo “ritorno” la nipote Serafina, figlia della sorella della mamma. “Celebriamo il funerale che Matteo non ha mai avuto – sono anche le parole del vicepresidente dell’Anpi della Valsassina, Augusto Giuseppe Amanti –. Oltre a rendergli omaggio, celebriamo anche l’impegno contro l’odio e l’intolleranza, gli errori e gli orrori del passato, perché la memoria è un atto d’amore”.
La memoria
“Davanti a questa pietra, riflettiamo non solo sul passato, ma anche sul presente – aggiunge Angelo Pavone, presidente dell’Anpi valsassinese –. Viviamo in un tempo in cui parole e azioni che evocano quel periodo buio sembrano riaffiorare. Non possiamo permettere che l’indifferenza torni a prevalere”. “Più è piccolo il luogo, più è importante e la pietra di inciampo – è la riflessione del prefetto di Lecco, Sergio Pomponio, riferendosi alla piccola comunità di Esino – perché è più facile “inciamparci” e ricordare. E perché comunità come Esino sono realtà in cui tutti danno qualcosa agli altri e sono animati dal desiderio di fare per gli altri, base della memoria collettiva”.
Presenti pure il sindaco Pietro Pensa, il collega di Bellano Antonio Rusconi e i vertici di carabinieri e Guardia di finanza. Sono sette le pietre di inciampo posizionate in Valsassina, preso diventeranno nove.