Emma Casati. Una “pietra“ in sua memoria

Emma Casati, operaia lecchese deportata e uccisa ad Auschwitz per aver protestato per i diritti dei lavoratori, è stata commemorata con una pietra d'inciampo nel suo quartiere. L'evento segna l'importanza di preservare la memoria storica.

Emma Casati. Una “pietra“ in sua memoria

Emma Casati. Una “pietra“ in sua memoria

Emma è tornata a casa, nel rione San Giovanni, nella sua Lecco, da dove è stata deportata all’inizio del marzo 1944. La sua colpa? Quella di aver protestato e scioperato per ottenere una paga e condizioni di vita migliori, per lei e per tutte le altre colleghe e gli altri colleghi operai come lei. Prima il carcere a Como, poi Bergamo, quindi il lager di Mauthausen e infine il campo di sterminio di Auschwitz, dove è morta, forse per dissenteria e stenti, oppure in una camera a gas, e dove il suo corpo è stato bruciato, cancellandone ogni traccia. Di lei è rimasto solo un documento firmato da Josef Mengele, il dottor morte dei nazisti, per certificarne il ricovero in infermeria per febbre tifoidea. Ieri mattina, in via Antonio Gramsci, al civico 17, davanti a dove abitava Emma Casati, è stata posata una pietra di inciampo. È stata come riportare le sue ceneri a casa. "Le pietre d’inciampo sono sassi posati su strade comuni che tutti percorriamo e che ci aiutano a rileggere la storia – sono state le parole del sindaco Mauro Gattinoni –. La mappa di queste pietre dorate che luccicano come stelle che i navigatori seguivano per tenere la rotta servono per guidarci nelle nostre scelte".

La cerimonia è stata organizzata dai soci dell’associazione Pio Galli, il compianto partigiano e segretario nazionale lecchese della Fiom. Cgil, scomparso il 12 dicembre 2011 alla vigilia degli 85 anni, e dell’Anpi provinciale in in occasione dell’80° anniversario degli scioperi del 1944, costati al deportazione a 26 lecchesi, tra cui appunto Emma, 19 dei quali, mai tornati a casa, come Emma. "È importante lasciare tracce di memoria perché non ci sono più i testimoni che hanno vissuto quel periodo", ha spiegato Patrizia Milani, presidente dell’Anpi di Lecco.

D.D.S.