Condannato per il femminicidio Il padre di Valentina: "Non odio"

Como, Campanaro aveva ucciso con 58 coltellate la sua convivente mentre dormiva

Condannato per il femminicidio  Il padre di Valentina: "Non odio"

Condannato per il femminicidio Il padre di Valentina: "Non odio"

CADORAGO (Como)

"Non doveva fare quello che ha fatto, ma come faccio a odiarlo? Non vede come è ridotto? Provo pena per lui, gliel’ho anche detto. Provo una grande pena, ma intanto nostra figlia non c’è più". Nelle sue semplici parole, pensieri sgombri da qualunque senso di odio, Alfio Di Mauro trasmette tutto il dolore che da un anno e mezzo si è abbattuto sulla sua famiglia, da quando sua figlia Valentina è stata uccisa a coltellate dal suo convivente.

Marco Campanaro, 38 anni di Cadorago, ieri è stato condannato a 22 anni di reclusione dalla Corte d’Assise di Como, al termine di un processo velocissimo, nel quale sono entrati tutti gli atti delle indagini, rinunciando all’ascolto dei testimoni. Per lui il pubblico ministero Mariano Fadda aveva chiesto 15 anni, in considerazione del vizio parziale di mente che gli era stato riconosciuto: un disturbo della personalità di tipo misto, con episodi psicotici e paranoidei, che lo rende socialmente pericoloso. La notte del 25 luglio dello scorso anno, aveva ucciso la sua convivente, Valentina Di Mauro, 33 anni, svegliandola e colpendola senza motivo, con 58 coltellate che l’avevano raggiunta all’addome, alla schiena e alle braccia, nonostante il suo tentativo di mettersi al sicuro."Era felice – prosegue il padre – cercava di aiutarlo, speravano in un futuro insieme.

Questa sentenza noi la rispettiamo, 5 anni o 15, o 22 non cambiano nulla per noi. Non si può provare odio, non serve a cambiare le cose, servirebbe solo a rovinare altre famiglie già provate da ciò che è accaduto". Campanaro, detenuto al Bassone, non ha potuto beneficiare del rito abbreviato: l’ultima riforma impedisce infatti di processare con riti alternativi gli omicidi aggravati, che devono andare direttamente al dibattimento: la Corte d’Assise non ha riconosciuto l’aver agito con crudeltà, così come aveva chiesto il difensore dell’imputato, avvocato Paolo Battaglia, ma ha comunque notevolmente inasprito la richiesta del pubblico ministero, aggiungendo tre anni di Casa di cura di custodia al termine dell’espiazione in carcere: "Non mi aspettavo una pena così alta – ha commentato il difensore – pensavo che la presenza di un vizio di mente sarebbe stata riconosciuta come prevalente". Paola Pioppi