
Vittorio Arrigoni con la bandiera Palestinese
Bulciago, 4 aprile 2015 - È un giorno di festa oggi, ma anche di memoria e di dolore. Lo è certamente per Egidia Beretta, mamma di Vittorio Arrigoni, il 36enne di Bulciago che il 15 aprile 2011 è stato assassinato a Gaza da presunti terroristi jihadisisti salafiti, i cui funerali sono stati celebrati proprio la domenica di Pasqua di quattro anni fa. Parlare di quello che è successo, di quello che è avvenuto poi, dei progetti futuri per la donna non è mai semplice, anche se ha girato l’Italia per regalare la sua testimonianza di quel figlio che non c’è più eppure che che è più presente e vivo che mai.
«Mi sovvengono tanti ricordi, di lui bambino, dei suo viaggi all’estero – racconta ponderando ogni frase perché consapevole che le parole hanno un peso, con la consueta voce pacata e ferma insieme, che però non cela l’emozione e la sofferenza -. E poi la sua decisione di trasformarsi in scudo umano, i momenti difficili l’inserimento nella lista nera degli israeliani, l’attività giornalistica attraverso il suo blog Guerrilla radio con cui ha raccontato l’operazione Piombo fuso tra il dicembre 2008 e il gennaio 2009, la ricerca di una strada e di un senso alla propria esistenza che infine ha trovato». Non ama riferire del suo rapimento tanto meno della sua esecuzione, la ferita brucia, non si rimarginerà mai.
Non poteva tuttavia immaginare quello che sarebbe avvenuto in seguito, che Vik sarebbe divenuto un simbolo e che il suo «Stay human – Restiamo umani» con cui concludeva ogni corrispondenza da un fronte che senza di lui nessuno avrebbe conosciuto, sarebbe divenuto un messaggio universale di pace e di resistenza. «Non avrei mai creduto che potesse mobilitare e cambiare così tanta gente». Tutto ciò non cancella il dolore, ma almeno in parte lo lenisce, consola, trasforma un lutto incolmabile in speranza che Vittorio non è morto invano, che l’Utopia a cui anelava si sta compiendo.