Editoriale

La pioggia non lava via le proteste

Tre commemorazioni in ricordo delle vittime delle Foibe, il presidio dei sentinelli per Ilaria Salis, detenuta in Ungheria, il corteo contro le Olimpiadi Milano-Cortina 2026, la mobilitazione della comunità senegalese contro la sospensione delle presidenziali in Senegal e la marcia solidale per le malattie rare. In un piovoso sabato di inizio febbraio Milano si ferma per 7 manifestazioni e 5 buoni motivi, nessuno dei quali, tuttavia, riguarda le due guerre che infiammano Europa e Medio Oriente.

O meglio, la consueta manifestazione milanese pro Palestina, slitta di un giorno, anche per ragioni di ordine pubblico. Come se i morti di ieri contassero più di quelli di oggi, dei vivi che possiamo e dobbiamo pretendere di sottrarre all'orrore della guerra. E c'è poi il conflitto in Ucraina semi-rimosso dalla coscienza collettiva, come se la nuova guerra avesse obbligato a distogliere lo sguardo altrove.

Sette manifestazioni in un giorno, per di più condite dalla pioggia battente, sono forse troppe in una città dove la mobilità è già regolarmente complicata. Ma diventano quasi insostenibili quando nessuna sostiene le ragioni di chi rischia di non avere domani, di chi chiude gli occhi su tramonti infiammati di sangue e non sa se avrà ancora una nuova alba di luce. Per le vittime martoriate della guerra, forse, sarebbe stato giusto, una volta di più, fermare Milano.