
Il direttore del Giorno, Sandro Neri
Se lo chiedono tutti, amministratori pubblici e osservatori della politica: riusciremo a spendere i fondi del Pnrr? E, soprattutto, riusciremo a spenderli bene? Nel ciclo 2021-2027 l’Italia potrà contare su 83 miliardi di euro di fondi strutturali; quelli in arrivo da Bruxelles saranno pari a 43 miliardi, cui si aggiungono i 50 miliardi del Pnrr stanziati per i Comuni. Una pesante responsabilità per chi è chiamato, a livello locale, a far ripartire il Paese e a metterlo a norma con le richieste dell’Unione europea. Non a caso qualcuno ha già avanzato perplessità e palesato preoccupazioni. In un Paese rallentato da procedure farraginose e spesso ostaggio della malaburocrazia, la tabella di marcia rischia di trasformarsi in una rischiosa corsa a ostacoli.
Il primo è già qui, dietro l’angolo. Ed è la mancanza - almeno al momento - di un coordinamento fra le diverse fonti dei finanziamenti. Un passaggio ancora tutto da definire, come lo sono pure le modalità per integrare i vari fondi sui territori. Sulle risorse del Pnrr, individuate le linee di intervento, spetta ai ministeri decidere come procedere. Per esempio per bandi o attraverso le Regioni. Perché i Comuni non si trovino ogni volta di fronte a un rebus, servirebbero linee guida, di metodo, valide per tutti i ministeri. Nessuno, però, se ne sta ancora occupando. I sindaci lombardi, che hanno attivato una serie di confronti con l’Anci Lombardia, chiedono che venga fatta chiarezza subito sugli obiettivi cui destinare le risorse a disposizione dei Comuni. Ci sono interventi già classificati in graduatorie definite da tempo, finanziati solo in parte per la cronica carenza di fondi. Includono, fra gli altri, cantieri per asili e scuole per l’infanzia o per il contrasto al dissesto idrogeologico. Sarebbe giusto partire da qui. Ma sarà possibile farlo? Poi c’è l’altra grande criticità. I fondi europei atterrano su un tessuto della pubblica amministrazione un po’ obsoleto se non impreparato. Privo, cioè, di personale e di competenze adeguati. Mille esperti - questo prevede il piano - verranno assunti per due anni e distribuiti sui territori. Ma è un’operazione che va strutturata e organizzata nei dettagli e che richiede tempo. Cominciare col realizzare i progetti già in graduatoria consentirebbe di trovare tutto il tempo necessario senza fermare il piano. In Lombardia un’ottantina di Comuni, coordinati dall’Anci e dalla Regione, stanno attivando iniziative-pilota per accelerare le assunzioni di personale qualificato e di consulenti a termine destinati alla preparazione e all’attivazione dei bandi. Infine, la digitalizzazione. I sindaci chiedono una programmazione più diretta, anche centralizzata, purché si accelerino le procedure. La Lombardia ha un tasso di copertura della banda ultralarga pari al 16 per cento del territorio. E nel 50 per cento dei comuni i cantieri per la infrastrutturazione non sono stati ancora aperti. A quando la svolta?