Arnaldo Liguori
Arnaldo Liguori
Editoriale e Commento

Milano in fiamme

Sulla guerriglia nel quartiere Corvetto

Un fotogramma del film L'odio (La Haine), scritto e diretto da Mathieu Kassovitz

Un fotogramma del film L'odio (La Haine), scritto e diretto da Mathieu Kassovitz

La notte di rabbia che ha incendiato Corvetto era certamente organizzata, come hanno spiegato i sindacati di polizia, ma era anche spontanea. Come un rogo che, per divampare, non aspetta che una minuscola scintilla. La morte di Ramy Elgaml è stata la miccia. Stabilire se i carabinieri che lo inseguivano abbiano delle responsabilità nell’incidente in cui il diciannovenne ha perso la vita è una faccenda lunga e complessa, un caso per la giustizia.

Tuttavia, agli amici del ragazzo – e a chi non si è fatto scappare l’occasione per fare casino – non servivano conferme: si sono armati a guerriglia, hanno appiccato incendi, distrutto automobili, minacciato passanti e lanciato bombe carta contro la polizia. Forse l’idea che hanno dell’autorità e delle forze dell’ordine non è lontana da quella dei giovani delle banlieue francesi – “Siamo protetti dagli sbirri, ma da loro a noi chi ci protegge?” diceva Vinz, nel film L’Odio – ma se è così, dobbiamo anche chiederci perché.

Nelle periferie c’è la “teppa”, certo, ma il punto è capire cosa ne ha favorito la nascita e la crescita. Dobbiamo interrogarci su quel sistema che spesso è incapace di garantire servizi essenziali, su quella Milano – non tutta, per carità – che preferisce confinare i problemi ai margini, che allontana e che non vuole integrare. Sono questioni essenziali per non ritrovarci con la città in fiamme e, magari, anche per costruire una società più giusta.