Il fatto mi è stato raccontato da un conoscente. Ristorante cinese, in uno dei quartieri di Milano a più alto tasso di immigrazione. Ora di pranzo. Una coppia ordina, fra i vari piatti in lista, le melanzane stufate. Uno dei classici della cucina del Sichuan. La moglie, mentre le gusta, s’incuriosisce, tanto da voler capire quale varietà sia stata impiegata per la ricetta. È calabrese doc, regione in cui la melanzana – nella sua versione tonda con la buccia di color viola acceso – è quasi una religione. Chiede alla giovane titolare, che le mostra sul telefonino la varietà Perlina (per altro italianissima). La buccia è sempre viola, ma più morbida. La forma è lunga e stretta. Il marito, nato in Lombardia, pensa che fino al fidanzamento con la futura moglie, conosceva solamente le melanzane che cucinava la madre, scure e di forma ovale, più diffuse nel Nord Italia. Pare, questa, una metafora calzante di Milano, città accogliente che ha fatto – in massima parte – dell’integrazione e del melting pot una pratica condivisa e una way of life.
Editoriale e CommentoCinquanta sfumature di viola
Cinquanta sfumature di viola
Cosa c’entrano le melanzane con l’integrazione e il melting pot alla milanese
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