Chissà se esiste e ha un nome quel fenomeno per cui se ti trovi davanti un monumento storico di una certa grandezza senti l’irrefrenabile impulso di produrti in un gesto atletico, meglio se a favore di telefono. Una sorta di sindrome di Stendhal ma con il tuffo al posto del capogiro, dell’arrampicata al posto della vertigine. Se esistesse e fosse codificato, servirebbe a spiegare perché famosi e meno famosi quando vengono in Italia non possono fare a meno di esibirsi in acrobazie.
Qualche mese fa c’era stato il giovane spagnolo, drago del parkour, che si era tuffato in un canale di Venezia lanciandosi dal tetto di un palazzo affacciato sul Rio Novo. L’ultimo è Jared Leto, cantante dei “Thirty seconds to Mars” e attore che, a Milano per promuovere il nuovo album della sua band, “It’s the end of the world but it’s a beautiful day”, ospite a Radio Deejay ha parlato del suo “bisogno di arrampicami”. Poi, detto fatto, ha scalato il Castello Sforzesco in arrampicata totalmente libera, a mani nude e senza corde o altri dispositivi di protezione in caso di caduta. Potremmo inaugurarla noi: la sindrome di Jared Leto.