Salvatore Aranzulla è un’istituzione del web: tutti lo abbiamo incrociato (e ringraziato) almeno una volta nella vita imprecando contro la benedetta sincronizzazione dei dispositivi. E se anche il santo protettore dei boomer – di solito misurato e preciso come solo un manuale di istruzioni può essere – alza la voce contro la (il)logica che sta dietro le app delle consegne di cibo a domicilio, allora c’è davvero qualcosa che non va.
Cosa precisamente però non è dato saperlo. Il mondo ormai è governato da un’entità astratta e indefinibile che si nasconde dietro al nome di Algoritmo. Ci suggerisce tutto, amicizie, letture, ascolti, addirittura partner sessuali. E noi, sostanzialmente per pigrizia, ci fidiamo. Peccato che quando si chiede a qualcuno – anche al più fissato dei nerd tecnologici – cosa diavolo sia questo algoritmo, la risposta è quanto di più vago ci sia. La definizione che ne dà Wikipedia, del resto, è disarmante: “Una definizione del concetto di algoritmo che sia formale e non tecnica manca tuttora e si è pertanto costretti ad accontentarsi dell’idea intuitiva di algoritmo come una sequenza ordinata e finita di passi (operazioni o istruzioni) elementari che conduce a un ben determinato risultato in un tempo finito”. Qualunque cosa significhi, di certo c’è che al di sotto della “sequenza ordinata e finita” ci siamo noi, disordinati e sfiniti.