Fine del telelavoro per i frontalieri, i sindacati: "I lavoratori pagheranno più tasse"

L'accordo tra Italia e Svizzera scade il primo febbraio, allarme di Cgil, Cisl e Uil: "Disallineamento con la normativa sugli oneri sociali per lavoratori e imprese"

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Fine del telelavoro per i frontalieri: dopo queli svizzeri, si mobilitano anche i sindacati italiani. Cgil, Cisl e Uil esprimono in una nota "forte preoccupazione" per la disdetta dell'accordo amichevole sul lavoro a distanza dei lavoratori frontalieri dal primo febbraio 2023.

L'accordo, sottoscritto da Italia e Svizzera nel giugno 2020, nella fase più acuta della pandemia, regolarizzava da un punto di vista dell'imposizione fiscale tutti i lavoratori frontalieri che lavoravano da casa. Per i sindacati la disdetta dell'accordo "determinerà che l'imposizione fiscale nel Paese di residenza faccia venir meno lo status di frontaliere secondo le normative vigenti, con il conseguente incremento della tassazione sul salario" e "produrrà un disallineamento con la normativa sugli oneri sociali per lavoratori e imprese", dal momento che "l'Unione europea ha, al contrario, prorogato fino al 30 giugno 2023 l'applicazione flessibile delle regole europee sulla legislazione applicabile in materia di assicurazioni sociali per i lavoratori frontalieri in telelavoro rispetto al superamento della soglia del 25% del tempo di lavoro effettuato a distanza". "Riteniamo sia urgente che i governi aprano una celere discussione che permetta di intervenire in maniera strutturale sul tema del lavoro a distanza garantendo una regolamentazione strutturale e, nel contingente, garantendo perlomeno una nuova proroga allineata alle disposizioni contributive", conclude la nota di Cgil, Cisl e Uil.