Riso Gallo, sostenibilità di filiera: "E lavoriamo ancora a pietra"

L’azienda si è aperta al mondo ma il cuore resta in Lomellina: "Diciamo che siamo a chilometro 100"

L’interno dello stabilimento di Robbio della Riso Gallo: l’azienda nacque nel 1856 a Genov

L’interno dello stabilimento di Robbio della Riso Gallo: l’azienda nacque nel 1856 a Genov

Robbio (Pavia) - «La sostenibilità è una priorità aziendale, un percorso che parte da lontano e che si rinnova in ottica di un continuo miglioramento". Carlo Preve, consigliere delegato di Riso Gallo, mostra l’attività nella riseria di famiglia a Robbio, partendo dalle origini nel lontano 1856, quando la sede era a Genova "perché allora il riso non si coltivava in Italia, ma arrivava sulle navi dall’Argentina". L’immagine del gallo animato che fin dai tempi del Carosello è entrato nelle case degli italiani con i suoi "Chicchiricchi", è ancora oggi il marchio dell’azienda che dal 1926 ha la sua base operativa a Robbio e dal 1974 si è ampliata con lo stabilimento a Nicorvo, sempre in Lomellina, allargando il mercato a tutt’Italia e all’estero ma mantenendo il cuore della produzione nella “rice valley” italiana.

«Non siamo proprio a chilometro zero, ma diciamo a chilometro cento - dice ancora Carlo Preve - e il rapporto con le aziende agricole produttrici di riso si sta evolvendo in questi ultimi anni, nell’ottica della sostenibilità". Dalla terra alla tavola non è solo uno slogan, ma un percorso di filiera a sostenibilità certificata. "Abbiamo iniziato nel 2019 con 14 aziende agricole - spiega Stefano Cavigiolo, agronomo di Riso Gallo - che l’anno dopo erano 88, l’anno successivo 122, ora sono 155. E puntiamo ad arrivare l’anno prossimo a 200. Devono firmare la nostra ‘Carta del riso’, fatta di 8 regole, e Riso Gallo paga le procedure di certificazione e riconosce un ‘premio’ nel prezzo del riso".

La base è la certificazione secondo lo standard internazionale Fsa della piattaforma Sai, preservando la fertilità del suolo e con scelta di varietà più performanti, utilizzando semente italiana certificata no Ogm, con tracciabilità dalla coltivazione alla distribuzione e con formazione e aggiornamento su pratiche agronomiche e di sicurezza alimentare. Ma anche col divieto di utilizzare fanghi da depurazione e glifosate. "Il nostro progetto di agricoltura sostenibile - prosegue Carlo Preve - è iniziato per le varietà Carnaroli, Arborio e Roma, prima all’estero e poi anche in Italia. Siamo i primi ad aver introdotto in Italia, e tra i primissimi in Europa, il Basmati anche questo da agricoltura sostenibile". Ma dalla risaia , prima della tavola, c’è la riseria. "Anche la lavorazione - conclude Carlo Preve - è 100% sostenibile, tutto viene riutilizzato, l’energia è da fonti rinnovabili e la lavorazione delicata, a pietra, come si faceva una volta. Anche la plastica delle nostre confezioni sottovuoto è riciclabile".