
QUALE SARÀ IL FUTURO del lavoro nel "dopo"? Quali saranno i mestieri del "dopo"? Chi saranno i sommersi e i salvati? Sono alcune delle domande chiave del tempo che attraversiamo e, pur scontando tutta l’incertezza sullo stesso concetto di "dopo", da più parti si sta tentando di offrire qualche spunto di risposta. Ed è evidente che il primo fronte del mondo prossimo venturo non potrà che riguardare, a breve, la definizione di quelle politiche attive per rendere meno amara la sorte di coloro che sono in cassa integrazione e che rischiano di essere licenziati alla fine del blocco. Ma, se allunghiamo lo sguardo agli anni a venire, l’orizzonte tocca soprattutto l’individuazione di quelli che saranno i profili professionali nuovi e le nuove competenze.
Non è un compito facile. Le coordinate e gli strumenti tradizionali sono insufficienti come bussola del mercato del lavoro che verrà. Eppure, il tentativo di trovare le bussole del caso va fatto e nei centri studi più avanzati è in corso da mesi. Pensiamo al World Economic Forum. In una recente ricerca ("Jobs of Tomorrow: Mapping Opportunity in the New Economy") l’istituto immagina uno stravolgimento del planisfero occupazionale da qui a due anni. Si mettono a fuoco addirittura 96 competenze rinnovate. Dal Data Scientist al Cloud Engineer, dallo Chief Sustainability Officer al Artificial Intelligence Expert, dal Product Analyst al preparatore atletico. In questo mondo nuovo, spiegano nel Report del Wef, le competenze digitali e quelle "umane" si intrecciano, si mescolano, si alternano: le soft skill affiancheranno le capacità tecniche e di business. Sono sette, secondo i ricercatori del Wef, i cluster entro i quali possiamo inquadrare i profili del futuro: Sales, Marketing & Content; Data & AI; Green Economy; Care Economy; Engineering & Cloud Computing; People & Culture; Product Development. Dunque, crescerà la domanda per i lavori della Care economy, come fisioterapisti, assistenti per anziani, istruttori di fitness. Ma ci sarà un incremento della richiesta di competenze anche nel settore Sales, Marketing & Content (in particolare figure come il social media assistant, il digital marketing specialist, l’autore di contenuti e lo specialista di e-commerce), come pure nel mondo del People & Culture (con particolare attenzione a ruoli come lo specialista della talent acquisition e l’information technology recruiter).
A loro volta, le skill maggiormente richieste possono essere inquadrate in cinque macro-aree: Business Skill; Specialist Industry Skill; General & Soft Skill; Tech Baseline Skill; Tech Disruptive Skill. Insomma, servirà una cassetta degli attrezzi composta da strumenti in parte o in tutto differenti rispetto a oggi. Ma per chi sarà in grado di procurarseli, il futuro potrà essere anche pieno di prospettive. Si ipotizzano fino a 6,1 milioni di job opportunities. Certo è che, per guardare più direttamente in casa nostra, "dobbiamo guardare al Recovery Plan come a qualcosa di non dissimile da un nuovo piano Marshall – Alessandro Ramazza, Presidente di Assolavoro –. E se il primo ha favorito il passaggio definitivo da una economia agricola a una industriale di natura ancora fordista, ora vi è l’occasione di passare ad una economia circolare, in una società sostenibile. Per queste ragioni occorre guardare al futuro e non difendere soltanto lo status quo. Occorre lavorare sui profili professionali che serviranno tra cinque, sette, dieci anni e da lì partire per orientare i giovani, lavorare nelle imprese, ripianificare i percorsi di studio – l’attenzione del Presidente del Consiglio agli Its, per esempio, va esattamente in questa direzione". E, dunque, è sempre più urgente, incalza Ramazza, "migliorare un sistema formativo troppo autoreferenziale collegandolo in maniera più stretta con il mondo del lavoro che verrà, con la certezza che non solo avremo bisogno di nuove figure professionali ma anche di competenze aggiornate in profili già esistenti, che diventeranno sempre più ibridi, principalmente per via della rivoluzione digitale".