
di Eleonora Mancini
Conosciuto e diffuso nei paesi asiatici, dove viene impiegato in agricoltura per difendere le piante da insetti e patogeni, dell’aceto di legno – wood vinegar in inglese – è stata scoperta un’altra sinora mai ipotizzata proprietà, quella di biostimolante del suolo. La scoperta si deve al gruppo di ricercatori guidati da Roberto Cardelli, professore del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agroambientali dell’Università di Pisa, che ha realizzato un primo studio pubblicato sulla importante rivista scientifica Soil Research. Il potere biostimolante dell’aceto di legno, o meglio ancora distillato di legno o acido pirolegnoso, è una nuova risorsa al servizio di una agricoltura sempre più orientata nella direzione della sostenibilità e dell’impatto ambientale zero.
Il professor Cardelli infatti spiega: "Essendo un prodotto che deriva da una biomassa legnosa viene praticamente restituito alla natura in uno stato diverso, perché trasformato in distillato con alto contenuto in composti organici sottratti alla possibilità di essere immessi in atmosfera sotto forma di CO2".
Le vostre ricerche hanno un significativo impatto nell’ambito di una economia sostenibile?
"Da diversi anni abbiamo visto che è possibile ridurre notevolmente l’input di sostanze come fitosanitari e fertilizzanti. In questo caso il distillato di legno è già impiegato nell’agricoltura biologica come coadiuvante, corroborante, come potenziatore, cioè, della difesa delle piante".
Ha già suscitato interesse questa vostra scoperta?
"Sì, molte aziende guardano con molto interesse al potenziale del distillato di legno, proprio nell’ottica di una agricoltura sempre più naturale. Con la collaborazione di Biodea, l’industria che produce il distillato, stiamo portando avanti diversi progetti e, in questi giorni, in collaborazione con le Università di Siena e Firenze stiamo partecipando al bando di finanziamento per progetti di ricerca sull’agricoltura biologica del Mipaaf".
Professore, di preciso cosa è questo distillato di legno?
"È un prodotto naturale sotto forma di liquido piuttosto scuro, dall’odore affumicato e dal pH acido che si ottiene dal trattamento termico del legno attraverso la combustione in un ambiente povero di ossigeno. Esiste da decenni, ma in Italia e in Europa è attualmente poco conosciuto. In Asia lo usano anche come tarmicida e ha il potere di tenere lontani gli insetti dalle piante, favorendone quindi una crescita più sana. Il distillato su cui si è basata la nostra ricerca è a marchio Biodea, prodotto dal gruppo Rm Energy Solutions di Arezzo. Abbiamo scelto questa industria perché effettua il processo di estrazione con impianti innovativi e a temperature adatte a produrre un distillato di alta qualità e privo di molecole tossiche".
Come si ricava e da quali tipi di legno?
"Dalla biomassa legnosa, in generale, si possono generare gas, biochar e un liquido che è appunto il distillato. Il legno utilizzato proviene in genere dai residui dell’attività forestale. Se usassimo essenze di alberi da frutto, per esempio, correremmo il rischio di accumulare elementi tossici derivanti dai vari trattamenti a base di rame o altro".
La vera scoperta è il suo potere biostimolante. Come ci siete arrivati?
"L’obiettivo della nostra ricerca era studiare l’applicazione di questo prodotto nella produzione agraria. Ci siamo quindi posti un problema: applicandolo alle colture per via aerea il distillato finisce sempre e comunque nel terreno. Che effetti vi produce?".
Quindi?
"Abbiamo riscontrato, in un primo studio, che non solo sembra non sia nocivo per il terreno ma anche che, alle dosi opportune, migliori la disponibilità degli elementi. Dalle analisi in laboratorio abbiamo inoltre visto che a concentrazioni non superiori all’1%, il distillato di legno sembra stimolare la biomassa microbica del terreno; l’unica attività del suolo che ha registrato una diminuzione è stata quella ureasica, e questo apre la strada al suo utilizzo anche per la concimazione azotata a lenta cessione".
Cioè?
"Il concime, in pratica, grazie all’azione del distillato sul terreno, ha una azione più lenta e prolungata. Quindi il distillato migliora la disponibilità dei nutrienti e aiuta l’elemento fertilizzante ad essere assorbito dalla pianta".
Con quali effetti?
"In primo luogo consentirebbe di ridurre l’impiego di concimi, in quanto la capacità del distillato di coadiuvare la nutrizione minerale delle piante potrebbe rendere più efficiente l’uso dei fertilizzanti. Meno dose di concime, ma più efficienza di assorbimento da parte della pianta. Con conseguenti ricadute positive sull’ambiente e sul portafoglio degli agricoltori".