"LA TRANSIZIONE ENERGETICA? ACCELERATORE DI SVILUPPO"

Migration

"LA PANDEMIA è una enorme tragedia. Ma i governi stanno per avviare un intervento sull’economia che non è mai stato così significativo e questa è una opportunità straordinaria; se ben indirizzato può produrre una accelerazione nella transizione energetica, anche perché genera un effetto leva mobilitando da tre a quattro volte investimenti privati. È quel che ci serve per raggiungere gli obiettivi di Parigi". Così Francesco La Camera (nella foto a destra), direttore generale dell’International Renewable Energy Agency (IRENA) l’agenzia intergovernativa forte di 165 stati membri che ha sede a Abu Dhabi e gioca un ruolo chiave nella promozione della trasformazione energetica.

Nel vostro ultimo rapporto voi denunciate che la velocità della transizione è ancora troppo bassa.

"La transizione energetica è già cominciata, basta pensare che negli ultimi otto anni la capacità installata di rinnovabili ha superato sistematicamente la capacità installata tradizionale, e la distanza si allarga di anno in anno. Noi diciamo in maniera molto chiara che il sistema energetico del futuro si baserà sulle rinnovabili, con il complemento dell’idrogeno verde e della bioenergia. Il problema è la rapidità di questo processo, che non ci mette al riparo dal rischio posto dal cambiamento climatico".

Serve un cambio di passo, ma cosa vuol dire accelerare?

"Per contenere l’aumento delle temperature entro 1,5 gradi l’Ipcc ci dice che le emissioni nette dovranno ridursi del 45% entro il 2030 e azzerarsi al 2050. Per arrivarci serve un aumento di otto volte del tasso di presenza delle rinnovabili. Una forte crescita è attesa, sappiamo che al 2050 gli investimenti arriveranno a 98 trilioni di dollari, ma c’è ancora un gap di 31 trilioni di dollari da coprire per avere quella capacità che ci serve per centrare l’obiettivo di Parigi. Abbiamo bisogno di 4.4 trilioni di dollari di investimenti all’anno da qui al 2050, per un quarto aggiuntivi. Per questo l’intervento pubblico programmato per uscire dalla pandemia sarà cruciale".

Che tipi di interventi sono prioritari?

"Serve molta più generazione dalle rinnovabili ed è essenziale avere infrastrutture che permettano di assorbire una maggiore quota di rinnovabili, e quindi lavorare al potenziamento della rete, a interconnessioni, intelligenza artificiale e stoccaggi".

Qual sarà il ruolo della generazione elettrica?

"Il sistema del futuro si baserà su una profonda elettrificazione del sistema energetico, che dovrà triplicare la produzione rispetto ad oggi, con un ruolo predominante della rinnovabili, e salire dal 25 al 51% dei consumi finali di energia".

Il declino dei combustibili fossili è inevitabile?

"Noi non facciamo previsioni, diciamo quello che occorre fare per raggiungere un certo risultato. Ma se vogliamo contenere l’aumento delle temperature sotto gli 1,5 gradi dovremo ridurre il consumo dei combustibili fossili del 75% al 2050".

Ma l’obiettivo del contenimento del riscaldamento globale entro un grado e mezzo, previsto dell’accordo di Parigi, è ancora raggiungibile? Oppure è troppo tardi?

"Se si farà tutto quello che è possibile fare, è ancora raggiungibile, ma la finestra di opportunità si sta chiudendo, sta diventando ogni giorno più stretta: più tempo passa più diventerà difficile e costoso. Il prossimo triennio è essenziale, e la cartina di tornasole sarà al 2030".

Veniamo alla situazione italiana. Il nostro Paese è stato per anni tra i più attivi nel promuovere le rinnovabili poi la crescita si è quasi fermata e le ultime aste sono andate male. Adesso il ministro dell’Ambiente ha promesso di rivedere il meccanismo delle aste. Può bastare?

"Quando impegni più di un anno, e spesso molto di più, per ottenere una autorizzazione per costruire un impianto è chiaro che il meccanismo non funziona, quindi le imprese sono scoraggiate e quando fanno le loro offerte mettono in conto il costo di questa attesa. Oppure vanno ad investire altrove. La procedura va semplificate per rendere il mercato italiano di nuovo attraente. L’intervento del ministro Cingolani sembra andare nella direzione giusta. Se sarà così, l’Italia ha un importante potenziale di sviluppo delle rinnovabili, nonostante un territorio molto antropizzato".

L’Italia può anche diventare un produttore dell’hardware per questa transizione? Impianti per rinnovabili, elettrolizzatori per la produzione di idrogeno, batterie per lo stoccaggio...

"Dovremmo superare la concorrenza di chi produce a costi molto più bassi. Un ruolo cruciale l’avrà l’innovazione tecnologica. Interventi intelligenti che promuovano queste catene produttive – penso in particolare alle batterie, dove abbiamo una nostra presenza storica, ma anche agli elettrolizzatori per la produzione di idrogeno verde – potrebbero ottenere buoni risultati. Ma bisognerà muoversi per tempo, capire dove siamo più forti e competitivi e dove sia il maggiore potenziale di crescita. E lì investire".

La transizione energetica può essere per l’Italia una occasione di sviluppo?

"Una grande occasione di sviluppo. Se gli obiettivi italiani di crescita delle rinnovabili fossero adeguati ai nuovi obiettivi europei del 40% questo potrebbe avere un impatto pari e forse superiore all’1,8% del Pil. Con 23 mila posti di lavoro, e potrebbero anche essere di più. E sarebbe crescita sostenibile, buona per l’economia e buona per il pianeta. Se l’intervento statale per ridurre l’impatto dell’epidemia sarà diretto anche alla accelerazione della transizione energetica".